mercoledì 29 agosto 2012

Mi rendo conto che è passato del tempo dal racconto della prima seduta, ma nel frattempo sono successe cose che hanno reso impossibile continuare il racconto … ma forse è meglio che vada con ordine.

Le “medicine” stanno per finire, con una certa impazienza torno dal dentista per la consulta con il devitalizzatore. L’appuntamento e’ fissato per il 21/08, mi presento con un certo timore, ma comunque curioso, anche per l’impegno preso con chi ha seguito la prima puntata e vuole conoscere gli sviluppi di una situazione forse grottesca, ma che per me risulta essere dolorosa.

Dalla sala dove il devitalizzatore opera si sentono arrivare dei rumori, non sono i soliti trapani del dentista, sembrano più delle grida. Faccio un respiro profondo e riconosco che sto esagerando, ma sinceramene sono particolarmente suscettibile dal dentista, del resto vorrei vedere voi!

Ovviamente l’appuntamento non risulta registrato da nessuna parte, quindi la segretaria mi deve prendere un nuovo appuntamento, che date le circostanze risulta essere una sorta di sollievo.
Faccio presente che ho finito le pastiglie e non avendomi dato delle ricette non so come recuperarle. Con fare ammiccante la segretaria mi strizza l’occhiolino e mi dice con un vacillante italiano:“ragazzi, no fare fubbo!” Al di la’ del plurale e degli errori grammaticali mi sembra chiaro cosa voglia dirmi. Imbarazzato ricambio l’occhiolino. A questo punto succede una sorta d’incidente diplomatico, del resto da tempo donnine e diplomazia sembrano andare d’accordo. La segretaria mi presenta un tarifario di prestazioni che sono considerate extra dallo studio e gestite direttamente dalla segretaria stessa. Il mio imbarazzo e’ totale, erano anni che non diventavo rosso come un bambino, e cerco di giustificare il mio occhiolino dicendo che avevo capito che le medicine in realtà non erano medicine … insomma m’infilo in un ginepraio, anche legato alle difficoltà linguistiche. La segretaria dimostra una navigata esperienza a trattare con ogni tipo di genere umano, compreso il sottoscritto, quindi sorride, mi mette a mio agio, e mi dice che non ci sono problemi, per lei è chiaro, ed aggiunge che per questa volta ci pensa lei a darmi un nuovo sacchetto di “medicine”, ma che dalla prossima volta dovrei andare in “farmacia”.
 La farmacia risulta essere un locale all’interno del bar “grama”, che in italiano significa erba. Ironia della sorte, l’italiano più la traduzione in portoghese in questa circostanza renderebbe l’idea  molto chiara, “erba grama”, per intenderci “quella che non muore mai!”

La clinica e’ posizionata in fondo a rua Nova do Carvalho. L’asfalto di questa rua e’ stato colorato di rosa quasi ad enfatizzare cosa si puo’ trovare nella via. Rua Nova do Carvalho non è la solita via a luci rosse, di giorno insieme alle donnine c’e un viavai di persone che vengono a mangiare negli ottimi ristoranti, oppure a bere qualcosa nei bar trend della città. In questa rua ci sono dei ferramenta, fruttivendoli, un sarto (che vende le divise per il gruppo dei boy scout locali), insomma è una via come tante altre, come dire che è un mestiere come tanti altri. Colorare di rosso rua Nova do Carvalho sarebbe stato banale, volgare, rosa penso che sia più deandreiano, da “via del campo” insomma. 
Faccio tutti questi pensieri mentre ritorno il giorno stabilito dal devitalizzatore. Forse è un modo per evitare di pensare a quello che sto facendo, oppure sono gli effetti delle medicine che mi rendono più imbecille del solito. Per mia sfortuna il devitalizzatore mi sta aspettando.

Il devitalizzaore e’ un uomo sulla sessantina, capello corto con riga precisissima sulla sinistra, molto ben rasato, occhialetto nero marcato, e veste un camice immacolato. Il devitalizzatore ha dei modi di fare molto gentili, forse un po’ troppo gentili.
Chiede alla segretaria se sono portoghese, e lei risponde “não estrangeiro”. Quindi il devitalizzatore si rivolge a me in inglese. Mi spiega quello che dobbiamo fare con dovizia di particolari, con l’intenzione di rendere la cosa chiara quindi meno angosciante, ma che in me suscita l’effetto contrario. Annuisco con fare ebete, in realtà io non vorrei sapere niente, vorrei solo che faccia in modo che il tutto finisca il più infretta possibile. 
Il devitalizzatore si rivolge alla segretaria, che nel frattempo e’ diventata assistente, e le chiede in portoghese di preparare l’anestesia. L’assistente ribatte che l’anestesia è finita. Per me e’ una ottima notizia, sono sollevato, anche questa volta possiamo posticipare la vista e farmi un altro giro di medicinali. Ma il devitalizzatore si fa scuro in volto, alza la mascherina sulla bocca e dice: “então devitalizziamo sem anestesia”. 
Sbianco. Sbarro gli occhi. Trasalgo dalla poltrona.
Va bene che per dovere di cronaca mi sottoponga a degli esperimenti che potremmo definire antropologici, forse scientifici , ma quando è troppo è troppo, ed affermo con voce chiara e forte, che non dà adito ad equivoci neppure di natura linguistica: “não anestesia, não desvitalização!”. Il devitalizzatore mi guarda sorridendo e porgendomi la mano sulla spalla mi rimette a sedere dicendomi “estou brincando!”, che significa che stava scherzando. Solo a me poteva capitare un devitalizzatore brillante.
Così il brillante devitalizzatore mi fa l’anestesia, o presunta tale, e diventa un po’ piu’ rude, mi guarda negli occhi e mi dice che se sento male devo alzare la mano. Avete presente l’alunno secchione che alza insistentemente la mano perché sa la risposta, io ho praticamene fatto l’intervento con il braccio alzato, ma non ha avuto alcun effetto, il brillante devitalizzatore ha scavato, estratto il pus, devitalizzato ed otturato il dente in un tiro solo.
Terminata la seduta vengo riempito di “medicine”, ed abbandonato al mio destino.

L’operazione si è quindi conclusa, il dente non mi fa più male e il costo è stato davvero irrisorio, 48 euro, comprese le “medicine”.

L’unico effetto collaterale sono state le medicine appunto. Infatti sto scrivendo questo reportage da una comunità di recupero per tossicodipendenti, ma domani mi dovrebbero dimettere con la condizionale: “vietato mangiare dolci altrimenti potrebbe avere bisogno del dentista”.

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