sabato 6 febbraio 2016

Giacomo ci racconta che a scuola hanno parlato di un "antico" strumento per ascoltare la musica.
Ci spiega che c'è una cosa che gira, e sopra c'è un supporto di plastica nera rotondo sul quale è incisa la musica, e c'è come una gru, ma piccola, che ha un pezzo appoggiato al supporto di plastica nera che si chiama "testina", questo coso è quello che legge la musica. Praticamente hanno parlato del giradischi.
Giacomo mi chiede di spiegargli una cosa, una cosa che non ha capito, mi chiede di spiegargli come funzionava il "download". In effetti a ben pensarci è proprio questo aspetto, quello della distribuzione, ad essere cambiato più di ogni altro in questi anni.
Innanzitutto l'attesa. Un album, perché cosi si chiamavano i dischi, era un evento annunciato ed atteso da tanto. Sapevamo da molto prima quando sarebbe stato disponibile. Così il giorno del lancio io ero pronto, non vedevo l'ora di fare il download.
Dopo l'attesa c'era il pullman. Allora abitavo in un paesino dove non c'erano negozi di dischi, o meglio c'era il Mario che era anche un negozio di dischi. Il Mario era il padrone dell'alimentari del paese, e di dischi ne aveva alcuni, a me il suo prosciutto crudo faceva impazzire, ma i suoi gusti musicali schifo, a lui piaceva Toto Cutugno, a me gli U2. Così il pomeriggio del lancio, tornato da scuola, prendevo il pullman e andavo a Como, nella città più vicina, dove c'era un negozio di dischi.
Il negozio era dentro dei grandi magazzini, che paragonati con i centri commerciali attuali di grande avevano solo il nome.
Di tutto il processo di "download", quello del disco era il passaggio che mi piaceva di più. Frugare tra i vari dischi, fare browsing, era assolutamente divertente. Ci passavo ore. Spesso si conoscevano nuovi amici e si facevano scoperte. È così che ho conosciuto Barbara, e grazie a lei ho iniziato ad ascoltare i Cure.
Poi si tornava a casa, si scartava la plastica che avvolgeva il disco, si metteva il disco sopra il piatto, la puntina sopra il disco, e mentre i primi gracchianti suoni cominciavano a prendere forma, ci si lasciava sprofondare sul divano con in mano i testi delle canzoni.
Preoccupato d'aver romanzato troppo la spiegazione, guardo Giacomo e gli chiedo se sono stato chiaro.
Lui sorride e, come solo lui sa fare qundo vuol dirmi qualcosa ma non osa, mi guarda e mi dice che ha capito. Io non sono convinto, quindi un po' dubbioso gli chiedo cosa ha capito, e lui mi risponde che ha capito che sono "vintage".