lunedì 18 novembre 2019

Sono sul volo Catania-Lampedusa, nel corridoio dell'aeroplano, lentamente mi avvicino alla mia poltrona. Dietro di me c'è un vecchietto, sorride e mi dice in un italiano siculizzato: "Eh... ma com'è possibile che sono l'unico lampedusano su 'sto volo?!?!". Lo guardo e gli rispondo: "Tanti, troppi turisti", lui ribatte: "Magari! ... qui è pieno di poliziotti".
Lampedusa è frontiera.
Non è una frontiera qualunque, è quella che divide l'Europa dal resto del mondo. È una frontiera che segna la possibilità di avere un futuro, con la certezza di voler dimenticare il passato.
Geograficamente è più a sud di Tunisi e di Algeri, è su un'altra placca tettonica rispetto all’Europa, quella africana. È sotto Malta. È a solo 100 km dalla Tunisia, la Sicilia è più lontana, dista 300 km. Lampedusa è piatta, brulla, con poca, quasi nulla, vegetazione. Vanta calette da brivido con acqua turchese. Ha circa 6.000 abitanti.
Sono qui per lavoro, ma voglio capire. Il comandante Malga mi fa un regalo. Nei giorni in cui staremo sull'isola mi farà conoscere Lampedusa, i suoi eroi, le sue contraddizioni. Lui ha iniziato a volare a su quest'isola nel 2011 durante la primavera araba, e ha continuato a farlo nei due anni successivi. Adesso ritornerà a volare in questi cieli in una forma strana, diversa. Lui qui conosce tanti, forse ha imparato anche a conoscere meglio sé stesso, perché Lampedusa essendo frontiera è anche questo.
Tutti qui si salutano con "o’ scià", che significa fiato, il fiato dell'altro dentro di me, che è il mio fiato, è la mia vita. Non male per gente che di vite difficili, spezzate, ne ha viste tante.
Quest'isola ha anche un'altra faccia, quella che pretende normalità. Fare quattro chiacchiere con gli amici davanti una birra, una buona cena a base di pesce.
Queste Lampeduse sono il comandante Calogero, emblema di chi si è speso per soccorrere i migranti quando nessuno ancora aveva capito cosa stesse succedendo. Calogero è stato lasciato solo nell’avamposto sud a cercare di risolvere un problema infinitamente più grande di lui, un pò come Kevin Costner in “Balla coi lupi”, mentre un intero continente cercava di mettere la testa sotto la sabbia, anzi il mare. Adesso Calogero ha bisogno di curarsi le ferite uscendo a vela con la sua Marmelade, una barca di legno di 10 metri che ha recuperato alla deriva e curato asse dopo asse, come se fosse la sua anima.
Lampedusa è anche Salvatore, uno dei figli di Calogero, un bambino di 12 anni che appena può va a cala Sponze in bicicletta, la zona in cui c'è l'aeroporto. A Salvatore piacciono gli aerei, forse un giorno vorrebbe volare via da quest'isola, per adesso li guarda atterrare e decollare, conosce tutti i modelli.
A Lampedusa ci sono le elezioni comunali. Si sono presentati tutti i tipi di candidati: Cetto La Qualunque, chi rivendicava quello che è stato fatto nei 5 anni passati, chi è contro, e chi è contro a chi  è contro, che non significa essere a favore, perché se fosse stato lui a doverlo fare lo avrebbe fatto diversamente e meglio.
L'Italia è un Paese di statisti a cui piace essere governati da imbecilli.
La sera i lampedusani si trovano in piazza a sentire i comizi. È un modo per passare una serata, forse è anche per questo che in Italia ci sono sempre le elezioni.
Lampedusa è anche Bartolo. Il padre di Angela, pescatore per passione. Il pesce che mangiamo la sera in cui siamo a cena da Calogero l'ha pescato lui. È stato in mare 2 giorni con suo cugino. È andato lontano e ha pescato cernie, sgombri, e molti altri pesci di cui ignoro l'esistenza. Bartolo ha le idee chiare su come si devono aiutare queste persone, i migranti.  Lampedusa è un'isola isolata in mezzo al Mediterraneo, sin dalle guerre puniche è stata un posto di passaggio per molti. Questa cosa rende la sua gente capace di un modo di pensare grande, paradossalmente aperto, forse semplicemente saggio.
Prendo il volo Lampedusa-Palermo, ed è pieno di turisti. Infatti Lampedusa è anche lo struscio di via Roma, l'abbronzatura nelle caletta dell'isola dei conigli, cocktails e musica dzump, dzump, dzump. Ma queste cose non fanno di Lampedusa una frontiera. Non rendono quest'isola unica e non fanno giustizia alla sua gente.
Poco prima di questa visita a Lampedusa incontro ad una fiera del libro a Varsavia Paolo Rumiz, venuto a presentare i suoi viaggi e ricordare Kapucinski. Rumiz di frontiere se ne intende, le ha descritte in tanti libri. Gli chiedo un'opinione su una frontiera che non ha mai raccontato, quella di Lampedusa. Mi dice qualcosa che lentamente sta prendendo forma e senso anche per me. “Le frontiere sono cose naturali, il nostro corpo è una frontiera. Studiare le frontiere aiuta a capire chi sei. Un mondo senza frontiere è un mondo che non vale la pena di essere attraversato. Abbattere le frontiere significa privarci della possibilità di poterle attraversare”.  Rumiz si definisce un inguaribile amante delle frontiere.
A Lampedusa si sta correndo il rischio di volerla nascondere questa frontiera, far finta che non ci sia, che è anche peggio che abbatterla. Senza la frontiera a Lampedusa l'Europa smarrisce l'orientamento, non sa più chi è, dove andare.
A Lampedusa sono venuto a cercare una frontiera e l'ho trovata, e sarà così fino a quando gli aerei saranno più pieni di poliziotti che di creme da sole, anche se ho paura che se non facciamo presto questa frontiera  ci crollerà addosso.