domenica 14 luglio 2013

Il Maghreb per chi vive in Europa rappresenta un mondo così vicino eppure così lontano, non solo per la natura, ma anche per il modo di vivere, e l'Africa è davvero lontana, soprattutto perché l'Africa è un posto dove si può essere ancora liberi.

Dopo un paio di settimane spese sulla costa atlantica del Marocco decidiamo di perderci nell'Anti-Atlas. Attraversiamo infiniti altipiani circondati da montagne rosse, di terra arida, così arida da essere bellissima. Si annusano atmosfere da deserto, tende berbere lungo la strada, nomadi accampati con il loro gregge, e fuochi accesi per la sera.
Andiamo a Tafrarout per cercare un posto dove dormire. In 4/5 ore di viaggio non abbiamo incrociato nessuno, se non due vecchissimi mercedes pieni di persone, ed un paio di camion tenuti insieme con lo spago. Abbiamo negli occhi il color miele del tramonto e capisco perché sono di nuovo qui in Marocco. Ci sono posti che ci chiamano, e anche se già visitati ci chiedono di ritornare.
Il Marocco è uno Stato dove convivono diverse etnie. In fondo quelli che noi chiamiamo marocchini non esistono, sono una costruzione di un mondo fatto di Stati, e non, come mi piacerebbe, di popoli.
Tra le etnie che vivono in Marocco quella che più mi affascina è quella dei berberi, uno degli ultimi popoli nomadi. Integrati con gli arabi, i berberi vivevano tra l'attuale Marocco e l'Egitto prima che gli arabi colonizzassero queste terre. I berberi parlano una loro lingua, lo amazight, nel sud del Marocco è facile incontrare persone che lo parlano come prima lingua. Nella loro lunghissima storia i berberi, o meglio i tamazight (persone che parlano la lingua amazight), non hanno mai fatto guerre di conquista, solo vittoriose resistenze. I tamazight sono stubborn come i posti dove vivono, infatti vivono camminando tra il deserto e l'oceano, e non a caso tamazight significa 'uomo libero'. I tamazight quando hanno bisogno di soldi vendono tappeti, gioielli o formaggio nei souq delle città che incontrano.
Adoro i souq, si acquista cibo, vestiti, gioielli, prodotti che gli artigiani fabbricano sotto gli occhi dei clienti. Sono luoghi nei quali pulsa la vita.
Quando cammini per un souq gli artigiani del luogo ti guardano da lontano, e da come sei vestito o ti comporti sanno da dove vieni, quindi che lingua devono usare. Ti studiano senza farsi capire, pensano a quale frase usare quando gli passerai vicino, sanno capire se è un buon investimento offrirti del te. Da quello che guardi intuiscono quali possono essere i tuoi bisogni.
Sanno che ti fermerai, e tu ti fermi. Non puoi non fermarti a guardare come tessono nel loro laboratorio la lana, cuciono la pelle, modellano la ceramica, battono il ferro. I lavori artigianali sono qualcosa che mi affascina, mi incuriosisce.
In una società come la nostra dove sembra che conti solo la testa, saper usare le mani per costruire qualcosa ha un che di magico.
Se compri un cappellino, non acquisti solo un indumento, ma apprezzi il lavoro che ci sta dietro, la fatica per produrlo, il fatto che è un pezzo unico. E quel lavoro lo puoi vedere, si consuma nel laboratorio nel quale sei entrato. Il prezzo è una conseguenza, tanto che non ha bisogno di essere esposto, e varia in base al materiale, la lavorazione, la dimensione, le ore di lavoro, e soprattutto il cliente. Dipende da quanto sei simpatico, e quanto ci sai fare. Acquistare in un souq non significa passare alla cassa, acquistare significa contrattare, è un'arte che presuppone doti recitative e capacità economiche.
Se non sai quanto costa un kg di pane lascia perdere, non hai termini di confronto, rischi di farti del male. Puoi sempre applicare la teoria dell'1/3 ma non sempre ti permette di valutare correttamente un affare, e comunque puoi offendere. Quelli che odio sono i biancovestiti, tipicamente hanno una camicia bianca, i bermuda e indossano cappelli di paglia. Loro hanno i soldi e non contrattano, o se lo fanno è solo per far vedere agli amici quanto sono bravi. Comunque,  in un modo o nell'altro, rovinano la piazza.
A Trafarout non volevo comprare un tappeto, l'avevo gia' comparato un anno fa a Fez.
Ma mi aspettava e quindi inshallah.
È stata una trattativa estenuante, durata ore. Abbiamo parlato dell'Italia, del Marocco, della crisi, della politica del Ramadan. Abbiamo bevuto due te. Ho fatto per andarmene due volte. Ho conosciuto la moglie e i figli. Abbiamo srotolato il negozio di tappeti, ma avendone ben chiaro uno in particolare. Per Mohammed era chiaro sin dall'inizio che l'avrei preso, ma si parlava di lui parlando degli altri tappeti. Che tecnica di vendita sofisticata! Hanno perfino istituito un kindergarten per tenere a bada i bambini.
Nussardim, un amico marocchino che ho conosciuto a Lisbona, mi ha spiegato che prima di negoziare sul prezzo occorre che chi vende  scenda almeno tre volte.
Qui vale tutto, ma soprattutto occorre recitare ... "non ho soldi", "sono alla fine delle vacanze" ... Solo dopo il terzo ribasso di chi vende, è sensato fare una contro offerta. Deve essere più bassa di quello che si vuole spendere. A questo punto se il prodotto viene messo via è inutile proseguire, la cosa può avere solo due sviluppi: la trattativa si è chiusa con un niente da fare e qualche parola araba, oppure quando si farà per andare via si verrà inseguiti dicendo che va bene e il venditore fingera' di essere arrabbiato. In questo secondo caso l'affare l'ha fatto decisamente chi vende, ma ti vuole dare l'impressione di aver vinto.
Se invece la trattativa continua allora occorre essere capaci di tenere il prezzo. Tipicamente chi vende prova a farti vedere quale prodotto puoi comprare al prezzo che hai proposto, oppure aggiunge merce per rendere la cifra più interessante. È qui che occorre tirare fuori le migliori doti di negoziazione.
Troppo spesso bollata con disprezzo, la contrattazione è arte e rende i posti vivi.
Da noi i prezzi devono essere esposti in vetrina per legge. Dietro le vetrine generalmente ci sono ragazze carine che con un sorriso ti dicono che se hai bisogno di qualcosa puoi chiamarle. Tutto è esposto su scaffali ed è a prova di cretino. Non devi nemmeno essere capace di sommare, intanto paghi il mese prossimo, devi essere capace solo di strisciare la carta di credito.
Davanti ad un laboratorio si rimane affascinati, come intontiti. Ci vengono mostrati i passaggi dal prodotto grezzo a quello finale. I prodotti sanno delle mani che li hanno lavorati. Gli scaffali dei nostri negozi nascondono esattamente questa meraviglia, la uccidono nelle ingiuste fabbriche del sud-est asiatico. Questa dimensione prima di essere economica è sociale. Il luogo dove si commercia e' un luogo d'incontro tra persone, e noi l'abbiamo ridotto al nonluogo dei centri commerciali. Odio i centri commerciali, ogni volta che ci entro è come se uccidessi un pezzo d'umanità, quella che si nutre di relazioni tra persone.
Sono a Trafaya a riposarmi, un posto sperduto tra l'oceano e il Sahara. Per arrivarci abbiamo dovuto percorrere una strada che a tratti era coperta da dune di sabbia. Trafaya era dove Saint Exupery, veniva a riposarsi dopo aver sorvolato il deserto con il suo biplano. Nell'unica via della città soffia il vento che alza la sabbia, muove le lamiere e rotola oggetti sulla terra. Gli abitanti del posto riposano aspettando il tramonto, quando il Ramadan gli permettera' di bere e mangiare. C'e' un caffè con wifi, carico qualche foto su istagram ed aggiorno i miei appunti. Navigando su internet scopro che su www.berberi.com hanno pubblicato una posizione:
"We are looking for a guy 43 years old, he must love desert life. His duties are: goats sheppard and carpets maker. Skills required: funny stories writer. We offer the secret to become a tamazight 'un uomo libero'. Ho applicato ... inshallah.

serie: Marocco