sabato 7 giugno 2014

Se scendo le scale di casa dalla parte di rua Cais de Santarem e vado a sinistra, dopo circa 200 metri incontro un negozio di cinesi. A dire il vero ne incontro uno anche se vado a destra e se esco sul retro. Giusto se vado diritto quando esco dalla porta non ne trovo, ma solo perché c'è il Tejo, e comunque non ci giurerei. Sta di fatto che se mi serve qualcosa d'introvabile, oppure la domenica mattina alle 9:00, il cinese di sinistra (un cinese di destra non può esistere per definizione) c'è.  Nei suoi 70 metri quadrati di negozio c'è l'equivalente di quello che puoi trovare in un centro commerciale. Un giorno devo capire, studiare, come fanno i cinesi a farci stare tutto in poco spazio

Di mestiere io dovrei fare il rompipalle, hai presente il tipo curioso che chiede delle vite degli altri, così è toccato anche al cinese di sinistra di essere interrogato dal rompipalle. A dire il vero per tre volte mi ha detto il suo nome, ma ogni volta che lo ripetevo lui rideva, quindi alla fine mi ha detto di chiamarlo Zé, che comunque pronunciato da un cinese suona strano.
L'altro giorno avevo bisogno di una vite e allora sono andato a trovare il cinese di sinistra, dal nome impronunciabile, e dal soprannome Ze, e tanto che c'ero gli ho chiesto come mai vive in Portogallo. Mi ha spiegato che lui è originario di Pechino, una città super inquinata, e quando ha avuto il primo figlio, ed unico visto le politiche di sostegno alle famiglie dei governi di sinistra cinesi, il bambino ha iniziato ad avere seri problemi di asma, studiando ed informandosi (pericolosissimo nella Cina di sinistra) ha capito che c'era qualcosa 'nell'aria', e quindi ha deciso di cambiare 'aria', scusate il gioco di parole. Così ha buttato tutto 'all'aria', e si è trasferito in un posto dove l'aria a suo dire é più buona, sicuramente più controllata: l'Europa.

Mentre tornavo a casa con la mia vite ho fatto una riflessione che ho raccontato a Chiara.
Credo che la visione su come affrontare il cambiamento climatico, definita dal concetto di "sviluppo sostenibile¨ (Stoccolma 1972), che ha caratterizzato le politiche a livello mondiale dall'Earth Summit di Rio de Janeiro del 1992,  sia tramonatata.
Imbrigliati in una crisi economica, voluta o dovuta ad un modello di sviluppo non sostenibile, oggi purtroppo si e´ persa la spinta ideale del voler tenere in considerazione che quello che facciamo ha un effetto sulle generazioni future. Siamo troppo preoccupati di dover arrivare a fine mese.

Negli ultimi anni siamo tornati alle ¨politiche dell´emergenza¨, rinunciando a creare le condizioni per limitare lo sfruttamento delle risorse del pianeta.
Eventi o incidenti ambientali vengono affrontati se e quando capitano, e quando va bene vengono definite "responses capabilities" per mitigarne gli effetti. Un esempio e' lo sversamento di petrolio nel Golfo del Messico da parte della British Petrolium (Deepwater Horizon oil spill), e le conseguenti iniziative a livello regionale per un maggiore controllo delle piattaforme petrolifere off-shore in caso d'incidenti futuri (OGC - Common Operating Picture for Oil Spill Responses). In questo contesto e'  significativo ricordare come, per esempio in Europa dal 2005, esistano degli strumenti legislativi e operazionali per il monitoring dello sversamento di petrolio causati da navi (Directive 2005/35/EC - Clean Sea Net http://emsa.europa.eu/operations/cleanseanet.html). Purtroppo questi strumenti non sono ancora stati adottati per il monitoring di piattaforme petrolifere.

In questi anni stiamo assistendo ad una regionalizzazione delle politche ambientali.
Infatti, tra le variabili che guidano le decisioni che hanno un effetto sull'ambiente (politiche, economiche, scientifiche), solo quelle di tipo economico e scientifico hanno saputo evolvere fino a giocare un ruolo globale. E´ evidente che la variabile politica, e conseguentemente legislativa, e´ rimasta confinata ad un ruolo regionale in alcuni casi (vedi Europa), nazionale in molti altri casi (vedi: Cina, USA, ...). Questa pluralita' d´interessi nazionali o regionali, arricchita dal fatto che dal ´92 il mondo globalizzato non puo´ piu´ essere distinto solo tra industrializzato ed in via di sviluppo (vedi il ruolo dei BRICS), ha portato prima al fallimento di Kyoto (gli USA non l´hanno ratificato), e poi a quello di Johannesburg (2002).

La regionalizzazione delle politiche ambientali e' un dato di fatto con il quale dobbiamo fare i conti.
Gli svantaggi sono evidenti: il tema ambientale e' un tema planetario ed occorrono strumenti condivisi per affrontarlo. Purtroppo pero' non credo che nel breve periodo si possa sperare in un nuovo impeto normativo di tipo tutelativo a livello planetario, tristemente non mi aspetto niente dalla conferenza di Parigi del 2015. Inoltre non credo che le giustificazioni scientifiche siano sufficienti a far inserire nelle agende politiche strumenti legislativi volti a tutelare l´ambiente, non ci siamo riusciti sino ad ora.
A determinare la mancata "globalizzazione" della dimensione politica ha largamento contribuito il fallimento della mancata golobalizzazione della societa' civile. Dal ´92 ad oggi non e' maturata una consapevolezza globale nella societa´ civile pari a quella economica o scientifica. Nel ´92 a Rio si sono gettate le basi per una democrazia di tipo ambientale che le associazioni ambientaliste, le ONG, i comitati non hanno saputo cogliere (si pensi a come sono terminate iniziative come i Social Forum). Oggi come ieri, associazioni ambientaliste riescono a salire alla ribalta attraverso iniziative mediaticamente vincenti (vedi "Artic 30 protester" di Greenpeace).

Dalla regionalizzazione delle politiche ambientali bisogna ripartire, "non si puo' piangere sul latte versato", meglio in questo caso "sul petrolio sversato". Ovviamente questo dato di fatto porta molti svantaggi, ma anche delle sfide.
Credo che mettere in pista un processo virtuoso sia possibile a partire proprio dall'Europa. Molte iniziative sono state fatte in questi anni per costuire strumenti per condividere informazioni di tipo ambientale tra gli Stati dell'Unione: progetti come Infrastructure for Spatial Informaton in European Community (INSPIRE), Common Information Sharing Environment (CISE), OPEN DATA etc ... hanno lo scopo non solo di creare le condizioni per meglio capire cosa sta accadendo intorno a noi, ma di rendere questi dati accessibili anche per i cittadini (mass-market). La capacita' di accedere a queste informazioni e di raccontarle in modo semplice e diretto potrebbe fornire le premesse per un nuovo risorgimento ambientale, se sapremo trasformare queste informazioni in tecnologia. Oggi, a differenza del '92, esistono strumenti potentissimi nelle mani di ognuno di noi (si pensi agli smartphone), le  informazioni ambientali possono essere raccolte, processate e divulgate dai cittadini per i cittadini, in quello che e' definito come crowdsourcing. Questi strumenti potrebbero portare ad una nuova consapevolezza relativa all'ambiente che ci circonda, una consapevolezza globale (si pensi, per esempio, al ruolo che potrebbe avere uno strumento come twitter nella diffusione di informazioni in tempo reale). Se sapremo complementare questa consapevolezza con la realizzazione di tecnologie capaci di essere meno invasive (per esempio passive house), e pretendere misure legislative che ne tutelino lo sviluppo, allora i benefici economici saranno evidenti. Qualcuno ci guadagnera' e posti di lavoro veranno creati.
In questa ottica sono nate iniziative portate avanti dalle varie agenzie Europee:
- Agenzia Europea dell'Ambiente (in particolare il progetto eyeonearth e i vari reports).
- Agenzia della Sicurezza Marittima (in particolare al progetto Clean Sea Net)
- INSPIRE geoporatal per cercare dati di tipo ambientale.
Ora, fatto salvo quanto sopra, io al mio amico cinese di sinistra non gli spiegherei ancora questa storia degli del crowdsourcing e della possibilità che oggigiorno abbiamo di essere artifici del nostro futuro (Empower Citizenship),  perché i cinesi saprebbero riempirci di una quantità impressionante di smartphone usa e getta, tanto che il rimedio sarebbe più pericoloso del danno. Io aspetterei ancora qualche anno, quando riusciremo ad inventare gli smartphone ad energia dark-matter. Per intenderci, la dark-matter é l'energia perpetua che é utilizzata come propulsione dall'Arcadia, la nave spaziale di Capitan Harlock.

Terminata questa riflessione Chiara mi ha guardato con gli occhi sbarrati e mi fatto una damanda che sinceramente non capisco, ha voluto sapere se insieme alla vite avessi preso qualcosa d'altro. Ma cosa intendeva? Sta di fatto che adesso vado tutti i giorni a prendere una boccata 'd'aria' dal cinese di sinistra perche' sono convinto che aiuta le riflessioni.