sabato 11 aprile 2020

Guardavamo in tanti con obiettivi diversi ma con la stessa preoccupazione il confine sud dell’Europa, certi che da Lampedusa sarebbe venuto uno tsunami capace di rivoluzionare il nostro continente. Invece il problema alla fine è esploso in una delle aree più ricche del nostro continente, ed ha avuto a che fare con quello che risulta essere uno dei fiori all’occhiello del nostro paese, il sistema sanitario di Lombardia, Veneto e Piemonte. 
Spero che non ci serva una pandemia per fare quello che avremmo dovuto già aver fatto da tempo, creare una nuova Europa. 

In questi anni gli investimenti per proteggere i confini dell’Europa da una presunta invasione di migranti sono stati ingenti. Non mi riferisco solo agli investimenti economici, legati a operazioni come MareNostrum, Triton etc.., ma soprattutto politici. Le energie spese ad agitare, o condizionare, le agende dei vari governi sul tema dell’immigrazione sono sotto gli occhi di tutti, al punto che, celata sotto il titolo della "sicurezza", è diventata la priorità numero uno, ed ha ridefinito una classe politica. In questo contesto si è giocata anche una partita che ha come obiettivo quello di cambiare l’Europa. L’emergenza coronavirus sta ribadendo che l’Europa non può solo reagire agli eventi o alle emergenze, deve saper affrontare i problemi con capacità d’iniziativa. 

È evidente che l'Unione Europea attuale (1.0) non risponde più alle esigenze dei nostri tempi, è lenta, costosa, poco democratica, solo interessata a curare gli interessi economici di pochi. 
È lenta perché la burocrazia europea si innesta sopra quella degli Stati che ne fanno parte introducendo un inevitabile ritardo. È costosa perché l’EU si avvale di un apparato complesso e privo di un reale potere decisionale. 
Parliamoci chiaro, è inutile girarci intorno, quella che chiamiamo Europa non esiste. Il parlamento europeo non ha potere di iniziare un processo legislativo, questo potere è della Commissione. La Commissione è nominata dai governi degli Stati Membri, quindi alla fine a decidere sono i governi dei vari paesi che ne fanno parte, quindi si va avanti a compromessi. Le premesse erano altre ma alla fine  l’EU sta tutelando gli interessi economici di chi in questo continente aveva bisogno di un mercato di regole comuni per vendere ed acquistare prodotti senza che uno Stato potesse imporre regole protezionistiche.

Per uscire da questa situazione sono state elaborate due proposte, quella definita come “sovranista” e quella “federalista”.

Per i sovranisti gli Stati che fanno parte dell'Europa dovrebbero tornare a gestire i propri confini, e gestire la propria economia a partire dalle regole che definiscono lo scambio delle merci con gli altri Stati e la moneta. Non c'è niente di nuovo in questa proposta, significa tornare a quello che siamo stati fino al 92, fino a prima di Maastricht. I sovranisti non tengono conto però che nel frattempo le cose sono cambiate, da un lato il mondo è diventato più globale e il peso dell'Italia meno rilevante, e dall'altro il nostro debito è esploso. La proposta sovranista ci porterebbe presto ad una situazione simile a quella che sta vivendo l’ Argentina. Ve lo immaginate cosa vorrebbe dire pagare in lire il petrolio o il gas? Se adesso riusciamo ad arrivare a fine mese a fatica, con la soluzione sovranista “al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti” (cit Battisti Mogol). Ad avvantaggiarsi della soluzione sovranista sarebbero la Russa, che finalmente si toglierebbe un potenziale concorrente a livello geopolitico (l'Europa unita), e la Cina che in cambio del nostro debito si comprerebbe in saldo alcuni dei nostri assets, come per esempio i porti dai quali inondare gli Stati Europei con i loro prodotti (vedi Trieste). 

Per i “federalisti”, occorre fare un passo in avanti verso una integrazione non solo economica ma anche politica. Occorre che alcune delle competenze che attualmente sono gestite dagli Stati vengano devolute alla EU, l’Unione Europea, e nel contempo creare un reale potere democratico. Le competenze da devolvere all'Europa dovrebbero essere: energia, ambiente, esteri, difesa, ricerca e fisco/lavoro. Una politica energetica comune avrebbe evitato la guerra in Libia dove gli interessi di Italia e Francia si sono incrociati, avrebbe generato un interesse negoziale comune nei confronti di Russa (gas) e Arabia Saudita e Iran  (petrolio). L'inquinamento non conosce confini, gli Stati europei sono troppo vicini e dipendenti dall'ambiente per avere politiche diverse, soprattutto se si vuole mettere in essere una economia "verde". Esteri e difesa vanno insieme, mi piacerebbe che l'Europa avesse un peso politico mondiale, in scenari geopolitici come Ucraina, Siria, Palestina, e in molti paesi africani. Potremmo dialogare con altre culture in questo mondo sulla base dei valori tipici della nostra storia, libertà ma anche se non soprattutto fraternità e uguaglianza. Sulla ricerca è facile capire che introdurre un fattore di scala europeo aiuterebbe a scoprire e inventare cose che ormai i laboratori nazionali fanno fatica a elaborare. Per finire il fisco e l’altra parte della moneta il lavoro. Se da un lato è assurdo che in Europa ci siano paesi che sono praticamente semi paradisi fiscali (per esempio Lussemburgo e Olanda), che attraggono compagnie europee abbassando le tasse sulla base del fatto che ai paesi indebitati come l’Italia vengono imposti paletti molto rigidi, dall’altro la vera sfida a cui l’Europa è chiamata a dare una risposta è il lavoro. L’intelligenza artificiale sostituirà molte persone, ma mentre nel passato una rivoluzione dei processi produttivi ha sempre fatto corrispondere una ricollocazione della forza lavoro, i contadini sono andati a lavorare in fabbrica, questa volta non è possibile, una cassiera del supermercato è molto difficile che possa imparare ad utilizzare tecniche di machine learning. Per la prima volta nella storia molte persone passeranno dall’essere sfruttate ad essere inutili, senza considerare che il modo in cui si lavorerà, studierà è destinato a cambiare, non sarà più necessario andare in ufficio (con evidenti benefici per l’ambiente). L’Europa solo se starà unità potrà gestire questo cambio epocale. 

Queste competenze dovrebbero essere gestite da una Commissione Europea democraticamente eletta, e non come è adesso nominata dagli Stati membri, con una reale autonomia d'azione perché democraticamente legittimata, e un parlamento che su queste cose abbia un potere legislativo reale (anche quello di proporre una legge non solo quello di ratificare).
Quella attuale è l'Europa 1.0, la proposta sovranista restaura una Europa 0.1, mentre quella federalista crea una Europa 2.0. 

Criticando l’Europa senza fare una proposta concreta si rischia di “buttare via l’acqua sporca con il bambino”. 
Quando questa emergenza coronavirus finirà dovremo farci una domanda: è valsa davvero la pena investire solo in muri? Se avessimo investito anche in sanità, istruzione, lavoro, difesa … in modo comune forse adesso potremmo avere migliori servizi scolastici sanitari che ci aiuterebbero a sopravvivere in questo periodo difficile e soprattutto a guardare con fiducia il futuro. 

Tu quale Europa voi? Io 2.0. Se anche tu vuoi una Europa 2.0 firma la petizione: http://chng.it/szD2NPvVjB