Se scendo le scale di casa dalla parte di rua Cais de Santarem e vado a sinistra, dopo circa 200 metri incontro un negozio di cinesi. A dire il vero ne incontro uno anche se vado a destra e se esco sul retro. Giusto se vado diritto quando esco dalla porta non ne trovo, ma solo perché c'è il Tejo, e comunque non ci giurerei. Sta di fatto che se mi serve qualcosa d'introvabile, oppure la domenica mattina alle 9:00, il cinese di sinistra (un cinese di destra non può esistere per definizione) c'è. Nei suoi 70 metri quadrati di negozio c'è l'equivalente di quello che puoi trovare in un centro commerciale. Un giorno devo capire, studiare, come fanno i cinesi a farci stare tutto in poco spazio.
Di mestiere io dovrei fare il rompipalle, hai presente il tipo curioso che chiede delle vite degli altri, così è toccato anche al cinese di sinistra di essere interrogato dal rompipalle. A dire il vero per tre volte mi ha detto il suo nome, ma ogni volta che lo ripetevo lui rideva, quindi alla fine mi ha detto di chiamarlo Zé, che comunque pronunciato da un cinese suona strano.
L'altro giorno avevo bisogno di una vite e allora sono andato a trovare il cinese di sinistra, dal nome impronunciabile, e dal soprannome Ze, e tanto che c'ero gli ho chiesto come mai vive in Portogallo. Mi ha spiegato che lui è originario di Pechino, una città super inquinata, e quando ha avuto il primo figlio, ed unico visto le politiche di sostegno alle famiglie dei governi di sinistra cinesi, il bambino ha iniziato ad avere seri problemi di asma, studiando ed informandosi (pericolosissimo nella Cina di sinistra) ha capito che c'era qualcosa 'nell'aria', e quindi ha deciso di cambiare 'aria', scusate il gioco di parole. Così ha buttato tutto 'all'aria', e si è trasferito in un posto dove l'aria a suo dire é più buona, sicuramente più controllata: l'Europa.
Mentre tornavo a casa con la mia vite ho fatto una riflessione che ho raccontato a Chiara.
Credo
che la visione su come affrontare il cambiamento climatico, definita
dal concetto di "sviluppo sostenibile¨ (Stoccolma 1972), che ha
caratterizzato le politiche a livello mondiale dall'Earth Summit di Rio
de Janeiro del 1992, sia tramonatata.
Imbrigliati in
una crisi economica, voluta o dovuta ad un modello di sviluppo non
sostenibile, oggi purtroppo si e´ persa la spinta ideale del voler
tenere in considerazione che quello che facciamo ha un effetto sulle
generazioni future. Siamo troppo preoccupati di dover arrivare a fine
mese.
Negli
ultimi anni siamo tornati alle ¨politiche dell´emergenza¨, rinunciando a
creare le condizioni per limitare lo sfruttamento delle risorse del
pianeta.
Eventi o
incidenti ambientali vengono affrontati se e quando capitano, e quando
va bene vengono definite "responses capabilities" per mitigarne gli
effetti. Un esempio e' lo sversamento di petrolio nel Golfo del Messico
da parte della British Petrolium (Deepwater Horizon oil spill), e le
conseguenti iniziative a livello regionale per un maggiore controllo
delle piattaforme petrolifere off-shore in caso d'incidenti futuri (OGC -
Common Operating Picture for Oil Spill Responses). In questo contesto
e' significativo ricordare come, per esempio in Europa dal 2005,
esistano degli strumenti legislativi e operazionali per il monitoring
dello sversamento di petrolio causati da navi (Directive 2005/35/EC -
Clean Sea Net http://emsa.europa.eu/ operations/cleanseanet.html). Purtroppo questi strumenti non sono ancora stati adottati per il monitoring di piattaforme petrolifere.
In questi anni stiamo assistendo ad una regionalizzazione delle politche ambientali.
Infatti, tra le variabili che guidano le decisioni che hanno un effetto
sull'ambiente (politiche, economiche, scientifiche), solo quelle di tipo
economico e scientifico hanno saputo evolvere fino a giocare un ruolo
globale. E´ evidente che la variabile politica, e conseguentemente
legislativa, e´ rimasta confinata ad un ruolo regionale in alcuni casi
(vedi Europa), nazionale in molti altri casi (vedi: Cina, USA, ...).
Questa pluralita' d´interessi nazionali o regionali, arricchita dal
fatto che dal ´92 il mondo globalizzato non puo´ piu´ essere distinto
solo tra industrializzato ed in via di sviluppo (vedi il ruolo dei
BRICS), ha portato prima al fallimento di Kyoto (gli USA non l´hanno
ratificato), e poi a quello di Johannesburg (2002).
La regionalizzazione delle politiche ambientali e' un dato di fatto con il quale dobbiamo fare i conti.
Gli
svantaggi sono evidenti: il tema ambientale e' un tema planetario ed
occorrono strumenti condivisi per affrontarlo. Purtroppo pero' non credo
che nel breve periodo si possa sperare in un nuovo impeto normativo di
tipo tutelativo a livello planetario, tristemente non mi aspetto niente
dalla conferenza di Parigi del 2015. Inoltre non credo che le
giustificazioni scientifiche siano sufficienti a far inserire nelle
agende politiche strumenti legislativi volti a tutelare l´ambiente, non
ci siamo riusciti sino ad ora.
A determinare la
mancata "globalizzazione" della dimensione politica ha largamento
contribuito il fallimento della mancata golobalizzazione della societa'
civile. Dal ´92 ad oggi non e' maturata una consapevolezza globale nella
societa´ civile pari a quella economica o scientifica. Nel ´92 a Rio si
sono gettate le basi per una democrazia di tipo ambientale che le
associazioni ambientaliste, le ONG, i comitati non hanno saputo cogliere
(si pensi a come sono terminate iniziative come i Social Forum). Oggi
come ieri, associazioni ambientaliste riescono a salire alla ribalta
attraverso iniziative mediaticamente vincenti (vedi "Artic 30 protester"
di Greenpeace).
Dalla
regionalizzazione delle politiche ambientali bisogna ripartire, "non si
puo' piangere sul latte versato", meglio in questo caso "sul petrolio
sversato". Ovviamente questo dato di fatto porta molti svantaggi, ma
anche delle sfide.
Credo che mettere
in pista un processo virtuoso sia possibile a partire proprio
dall'Europa. Molte iniziative sono state fatte in questi anni per
costuire strumenti per condividere informazioni di tipo ambientale tra
gli Stati dell'Unione: progetti come Infrastructure for Spatial
Informaton in European Community (INSPIRE), Common Information Sharing
Environment (CISE), OPEN DATA etc ... hanno lo scopo non solo di creare
le condizioni per meglio capire cosa sta accadendo intorno a noi, ma di
rendere questi dati accessibili anche per i cittadini (mass-market). La
capacita' di accedere a queste informazioni e di raccontarle in modo
semplice e diretto potrebbe fornire le premesse per un nuovo
risorgimento ambientale, se sapremo trasformare queste informazioni in
tecnologia. Oggi, a differenza del '92, esistono strumenti potentissimi
nelle mani di ognuno di noi (si pensi agli smartphone), le informazioni
ambientali possono essere raccolte, processate e divulgate dai
cittadini per i cittadini, in quello che e' definito come crowdsourcing.
Questi strumenti potrebbero portare ad una nuova consapevolezza
relativa all'ambiente che ci circonda, una consapevolezza globale (si
pensi, per esempio, al ruolo che potrebbe avere uno strumento come
twitter nella diffusione di informazioni in tempo reale). Se sapremo
complementare questa consapevolezza con la realizzazione di tecnologie
capaci di essere meno invasive (per esempio passive house), e pretendere
misure legislative che ne tutelino lo sviluppo, allora i benefici
economici saranno evidenti. Qualcuno ci guadagnera' e posti di lavoro
veranno creati.
In questa ottica sono nate iniziative portate avanti dalle varie agenzie Europee:
- Agenzia Europea dell'Ambiente (in particolare il progetto eyeonearth e i vari reports).
- Agenzia della Sicurezza Marittima (in particolare al progetto Clean Sea Net)
- INSPIRE geoporatal per cercare dati di tipo ambientale.
Ora, fatto salvo quanto sopra, io al mio amico cinese di sinistra non gli spiegherei ancora questa storia degli del crowdsourcing e della possibilità che oggigiorno abbiamo di essere artifici del nostro futuro (Empower Citizenship), perché i cinesi saprebbero riempirci di una quantità impressionante di smartphone usa e getta, tanto che il rimedio sarebbe più pericoloso del danno. Io aspetterei ancora qualche anno, quando riusciremo ad inventare gli smartphone ad energia dark-matter. Per intenderci, la dark-matter é l'energia perpetua che é utilizzata come propulsione dall'Arcadia, la nave spaziale di Capitan Harlock.
Terminata questa riflessione Chiara mi ha guardato con gli occhi sbarrati e mi fatto una damanda che sinceramente non capisco, ha voluto sapere se insieme alla vite avessi preso qualcosa d'altro. Ma cosa intendeva? Sta di fatto che adesso vado tutti i giorni a prendere una boccata 'd'aria' dal cinese di sinistra perche' sono convinto che aiuta le riflessioni.