Il comandante Malga ci tiene a farmi vedere la base Loran. Il Loran era un sistema per identificare la posizione che gli americani sostituirono verso la fine degli anni ‘80 con il GPS. A Lampedusa gli americani avevano una base con circa una cinquantina di ufficiali che gestiva un’antenna. "Quella della presenza degli americani sull'isola è una storia che meriterebbe un capitolo a parte" mi dice Calogero, "Forse ti ricorderai quando nel 1985 Gheddafi a seguito dei bombardamenti su Tripoli aveva lanciato un paio di missili che esplosero a poche miglia da Lampedusa, avevano come bersaglio questa base".
La base si trova a Capo Ponente, Calogero Capo Ponente lo conosce bene, tutti gli isolani conoscono Capo Ponente. In un'isola grande come uno scoglio quando qualcuno vuole andare lontano da tutti, va dall'altra parte, la parte opposta, così gli sembra di avere fatto un viaggio. È un modo per cercare di sopravvivere alla claustrofobia che ti prende se sei confinato in uno spazio di 20 km quadrati. Calogero mi porta più in là della base Loran, andiamo a visitare il cimitero dei barconi.
Al tempo della primavera araba il porto di Lampedusa fu letteralmente riempito da questi pescherecci usati per portare le persone, molti furono parcheggiati in uno spiazzo adiacente al porto. Finita l'emergenza arrivarono dalla Sicilia un paio di grosse navi per portare via i barconi e quelli che non riuscirono a starci furono portati a Capo Ponente ed abbandonati. Per una mezz'ora vado a passeggio in questo cimitero di barconi, sono quasi tutti blu turchese. Ci sono oggetti appartenuti ai migranti, vestiti, cibo in scatola. Tra le cose che vedo mi colpisce un piccolo giubbotto salvagente, sicuramente è usato da qualche bambino.
Calogero, Malga ed io stiamo tornando in paese dal cimitero dei barconi, nella panda di Calogero fa cado, l'isola è uno scoglio brullo sulla placca africana. C'è una strada semi asfaltata che divide in due il promontorio di ponente, da una parte e dall'altra terra bruciata dal sole e poi mare, un mare che brilla.
Ogni morto nel tentativo di raggiungere l'Europa conta, alcune tragedie hanno mietuto un numero di vittime alto, troppo alto per non essere ricordate.
Il 18 Aprile del 2015 nel canale di Sicilia naufragò un’imbarcazione piena zeppa di eritrei. Il barcone lanciò una richiesta d'aiuto alle ore 24:00 di domenica 18 Aprile 2015 mentre era a circa 50 miglia a nord della costa libica ed a 100 a sud di Lampedusa. Il Comando generale delle Capitanerie di porto, che raccolse la richiesta d'aiuto, comandò al mercantile portoghese King Jacob, che si trovava nei pressi, di raggiungere il barcone al fine di prestare soccorso urgente. L’alcol nel sangue dello scafista fece sì che durante le manovre d’avvicinamento il barcone urtò violentemente la King Jacob causandone l’affondamento. Il naufragio del 18 Aprile 2015 ha causato la scomparsa di un numero imprecisato di persone, che comunque si stima essere tra 700 e 900.
Il comandante Malga mi spiega che ci sono biglietti di prima, seconda e terza classe per il viaggio. Se vuoi un passaggio sul ponte devi sganciare un 2.000 euro, questa è la prima classe. Se invece ti infili nella stiva allora il prezzo scende fino a 500 euro, questa è la terza classe. Se la carretta del mare era un peschereccio, ci sarebbero anche le celle frigorifere che venivano usate per tenere il pesce, la quarta classe è quella degli animali.
Nelle celle è dura, chi sceglie le celle non esce per tutta la durata dell'attraversata, 3 o 4 giorni, fuori non c'è spazio. I trafficanti partono solo quando la barca è piena. Il beccheggio e rollio della barca fanno star male tutti, il vomito si mischia con ĺ'urina, le feci, e i gas di scarico del motore. L'unica presa d'aria nelle celle frigorifere è la botola dalla quale ci si deve infilare per entrare. A turno le persone che vengono stipate nella cella frigorifera si mettono vicino alla botola per guardare fuori e prendere una boccata d'ossigeno.
Il comandante Malga dice che di tutti i soccorsi che ha fatto, ancora oggi quello che non riesce a dimenticare è l'odore "L'odore di morte che esce dalle stive dei barconi è impressionante. A prescindere da dove venivano i migranti, e dal tipo di barca, avevano tutti lo stesso odore, un odore di morte". Calogero ci racconta che una volta una carretta fu soccorsa e trasportata a Lampedusa e quando tutti i migranti furono fatti scendere sul molo Favaloro si accorsero che dalle celle usciva una puzza inquietante. Gli uomini della Guardia Costiera entrarono nelle cella e fecero la macabra scoperta di alcune decine di cadaveri. Interrogando gli altri passeggeri si scoprì che durante il viaggio gli occupanti della cella si ribellarono, cercarono di uscire perché era impossibile stare dentro, ma siccome fuori non c'era posto i trafficanti decisero di chiudere il coperchio. In breve tempo agli occupanti mancò l'aria e morirono. L'autopsia fatta sui loro corpi chiari che provarono a grattare il legno della cella con le unghie nel disperato tentativo di aprire un pertugio, ma morirono tutti soffocati. Quando visitai Auschwitz ricordo che mi fece impressione vedere le pareti delle camere a gas raschiate delle unghie degli ebrei.
[capitoli pubblicati: http://breva-tivano.blogspot.com/search/label/ConLaTestaSottoIlMare]
La base si trova a Capo Ponente, Calogero Capo Ponente lo conosce bene, tutti gli isolani conoscono Capo Ponente. In un'isola grande come uno scoglio quando qualcuno vuole andare lontano da tutti, va dall'altra parte, la parte opposta, così gli sembra di avere fatto un viaggio. È un modo per cercare di sopravvivere alla claustrofobia che ti prende se sei confinato in uno spazio di 20 km quadrati. Calogero mi porta più in là della base Loran, andiamo a visitare il cimitero dei barconi.
Al tempo della primavera araba il porto di Lampedusa fu letteralmente riempito da questi pescherecci usati per portare le persone, molti furono parcheggiati in uno spiazzo adiacente al porto. Finita l'emergenza arrivarono dalla Sicilia un paio di grosse navi per portare via i barconi e quelli che non riuscirono a starci furono portati a Capo Ponente ed abbandonati. Per una mezz'ora vado a passeggio in questo cimitero di barconi, sono quasi tutti blu turchese. Ci sono oggetti appartenuti ai migranti, vestiti, cibo in scatola. Tra le cose che vedo mi colpisce un piccolo giubbotto salvagente, sicuramente è usato da qualche bambino.
Calogero, Malga ed io stiamo tornando in paese dal cimitero dei barconi, nella panda di Calogero fa cado, l'isola è uno scoglio brullo sulla placca africana. C'è una strada semi asfaltata che divide in due il promontorio di ponente, da una parte e dall'altra terra bruciata dal sole e poi mare, un mare che brilla.
Ogni morto nel tentativo di raggiungere l'Europa conta, alcune tragedie hanno mietuto un numero di vittime alto, troppo alto per non essere ricordate.
Il 18 Aprile del 2015 nel canale di Sicilia naufragò un’imbarcazione piena zeppa di eritrei. Il barcone lanciò una richiesta d'aiuto alle ore 24:00 di domenica 18 Aprile 2015 mentre era a circa 50 miglia a nord della costa libica ed a 100 a sud di Lampedusa. Il Comando generale delle Capitanerie di porto, che raccolse la richiesta d'aiuto, comandò al mercantile portoghese King Jacob, che si trovava nei pressi, di raggiungere il barcone al fine di prestare soccorso urgente. L’alcol nel sangue dello scafista fece sì che durante le manovre d’avvicinamento il barcone urtò violentemente la King Jacob causandone l’affondamento. Il naufragio del 18 Aprile 2015 ha causato la scomparsa di un numero imprecisato di persone, che comunque si stima essere tra 700 e 900.
Il comandante Malga mi spiega che ci sono biglietti di prima, seconda e terza classe per il viaggio. Se vuoi un passaggio sul ponte devi sganciare un 2.000 euro, questa è la prima classe. Se invece ti infili nella stiva allora il prezzo scende fino a 500 euro, questa è la terza classe. Se la carretta del mare era un peschereccio, ci sarebbero anche le celle frigorifere che venivano usate per tenere il pesce, la quarta classe è quella degli animali.
Nelle celle è dura, chi sceglie le celle non esce per tutta la durata dell'attraversata, 3 o 4 giorni, fuori non c'è spazio. I trafficanti partono solo quando la barca è piena. Il beccheggio e rollio della barca fanno star male tutti, il vomito si mischia con ĺ'urina, le feci, e i gas di scarico del motore. L'unica presa d'aria nelle celle frigorifere è la botola dalla quale ci si deve infilare per entrare. A turno le persone che vengono stipate nella cella frigorifera si mettono vicino alla botola per guardare fuori e prendere una boccata d'ossigeno.
Il comandante Malga dice che di tutti i soccorsi che ha fatto, ancora oggi quello che non riesce a dimenticare è l'odore "L'odore di morte che esce dalle stive dei barconi è impressionante. A prescindere da dove venivano i migranti, e dal tipo di barca, avevano tutti lo stesso odore, un odore di morte". Calogero ci racconta che una volta una carretta fu soccorsa e trasportata a Lampedusa e quando tutti i migranti furono fatti scendere sul molo Favaloro si accorsero che dalle celle usciva una puzza inquietante. Gli uomini della Guardia Costiera entrarono nelle cella e fecero la macabra scoperta di alcune decine di cadaveri. Interrogando gli altri passeggeri si scoprì che durante il viaggio gli occupanti della cella si ribellarono, cercarono di uscire perché era impossibile stare dentro, ma siccome fuori non c'era posto i trafficanti decisero di chiudere il coperchio. In breve tempo agli occupanti mancò l'aria e morirono. L'autopsia fatta sui loro corpi chiari che provarono a grattare il legno della cella con le unghie nel disperato tentativo di aprire un pertugio, ma morirono tutti soffocati. Quando visitai Auschwitz ricordo che mi fece impressione vedere le pareti delle camere a gas raschiate delle unghie degli ebrei.
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