venerdì 3 gennaio 2020

È sera e sono in via Roma a Lampedusa, la via dello struscio, il comandante Malga ha un appuntamento galante con un’amica, è chiaro che farà tardi, molto tardi. Calogero invece partecipa all'ultimo comizio prima delle elezioni comunali.
Da una parte di via Roma ci sono i comizi dei candidati che vorrebbero diventare sindaci, e dall'altra, dove c'è l'archivio di Lampedusa, c'è un gruppo di ragazzi di colore seduti davanti alla televisione, in mezzo alla via, davanti ai negozi, i lampedusauri passeggiano.
L'archivio di Lampedusa è in realtà una libreria dove si vendono libri relativi a Lampedusa, la sua storia, e le sue recenti tragedie. Fuori dall'archivio hanno messo una televisione che trasmette un telefilm in italiano. Per i ragazzi di colore seduti intorno alla televisione sono le prime lezioni d'italiano, ripetono le parole che sentono e ridono. Stanno mangiando una pizza e bevono coca-cola, mi metto dietro di loro, così conosco Tokunbo, il più grande, il capetto, non parla ancora italiano ma ci capiamo in inglese. Sebbene siano ospiti del centro d'accoglienza ogni sera escono, "intanto dove vuoi che scappiamo?" mi dice Tokunbo.
Prima di venire a Lampedusa ho sempre pensato che sarebbe stato difficile, irrispettoso, riuscire a farsi raccontare le storie di questi ragazzi, invece scopro che sono loro che mi vogliono raccontare cosa gli è successo. Tokunbo mi racconta del suo viaggio.
Una tappa fondamentale per tutti quelli che vengono dalla rotta che passa per il Sahara occidentale è Agadez in Niger, è qui che si contratta il prezzo e il percorso per raggiungere l'Europa. Stipato dietro un pick-up, Tokunbo da Agadez ha raggiunto la Libia passando dall'oasi di Dirkou. Tokunbo mi spiega che fino alla Libia il suo peggior nemico è stato il sonno, “se ti addormenti sul pick-up un sussulto su quelle strade di terra battuta ti può scaraventare fuori, e a 100 km all’ora sei morto".
I problemi seri iniziano quando si arriva in Libia, "se le guardie di confine libiche ti individuano sei fregato. Non perché gliene importi molto di te, sanno che sei solo di passaggio, che attraverserai la Libia per raggiungere l'Europa, ma per loro i migranti sono un lauto guadagno. Se vuoi passare devi pagare". Per fortuna Tokunbo è riuscito ad arrivare a Tripoli senza intoppi, ma Tripoli tutti si bloccano. "Rimani in un limbo che non sai quanto potrà durare, puoi aspettare settimane, mesi, prima di attraversare il mare e raggiungere l'Italia". Intanto i migranti devono lavorare per pochi, pochissimi euro al giorno per riuscire a sopravvivere.
Gli chiedo dove hanno preso la pizza, Tokunbo indica qualcosa in fondo alla via. C'è un gruppo di ragazzi che sta giocando a pallone e tra di essi uno in divisa, Rocco. Rocco andando a casa passa spesso dall'archivio, e se ha tempo porta qualche pizza da asporto ai ragazzi che si raggruppano intorno alla televisione, in cambio fanno due tiri al pallone.
Mi sembra una bella idea, facciamo due squadre, Italia contro Niger, recuperiamo altri tre giocatori e diventa 5 contro 5. Certi della superiorità tecnica e strategica dovrebbe essere un gioco da ragazzi infliggere ai nostri avversari una sonora sconfitta. Ci viene dato l'onore del calcio d'inizio, si parte. Dal dischetto del centrocampo passo la palla a Rocco, il quale con l'esterno destro pesca Dario, che corre in avanti sulla fascia, arrivato in fondo al campo fa un cross in centro area e Rocco svettando colpisce di testa, il portiere para ma è chiaro, la squadra c'è, e ce la giochiamo.
Nonostante l'inizio esuberante la partita si mette subito piuttosto male, dopo pochi minuti il punteggio è tennistico 6-2 per il Niger. Occorre escogitare una strategia più efficace. Così secondo le moderne regole del calcio mi butto per terra in area di rigore fingendo un fallo, simulo la faccia contrita lancinante di dolore, una interpretazione magistrale del miglior Pippo Inzaghi, peccato che la palla era dall'altra parte del campo, vengo "soccorso" da Alì che divertito mi allunga la mano per tirarmi in piedi. La partita prosegue ma il risultato assume i contorni di una partita di ping-pong 11 (Niger) - 4 (Italia).
Se la tecnica, e la strategia non funzionano l'ultima arma è l'astuzia. Mi appare come una visione Paolo Rossi, e senza bisogno di ulteriori indugi mi nascondo dietro il bidone dei rifiuti a bordo campo per sbucare fuori all'ultimo istante ed insaccare di soppiatto. Applico l'arguta strategia in occasione di un calcio d'angolo ed inaspettatamente faccio goal. Purtroppo il meccanismo funziona solo una volta, gli avversari capiscono il trucco e mi tengono a bada.
La partita è irrecuperabile, il risultato è vergognoso. A Rocco viene un’idea, forse l'unica idea che abbia senso, "per divertirci mischiamo le squadre", chissà che questa non sia anche l'unica soluzione per rendere questo mondo più divertente.