venerdì 17 ottobre 2003


E' domenica mattina di un caldo settembre. E' da troppo tempo che i miei piedi non si sentono avvolti dagli scarponi. Sono stanchi delle comode scarpe di tutti i giorni. Vogliono andare in salita, non posso che assecondarli. Propongo a Chiara di infilare Viola nello zaino e imboccare il sentiero dietro casa e salire al rifugio Murelli. Saliamo da Santa Marta, da dove si può godere uno spettacolo indescrivibile sul primo bacino del lago. E' la prima tappa della passeggiata. Dopo S.Marta il sentiero si fa meno curato, ma non per questo meno bello. E' la natura che lascia il passo all’uomo nel solco che i piedi fanno nella montagna.

Non è il lavoro delle mani a pulire, sistemare e curare il sentiero, ma è il lavoro dei loro piedi delle molte persone che hanno deciso di voler andare fino in cima e seguire una via, spesso non segnata ma che tutti riconoscono come unica. Non lo ricordavo così duro questo sentiero, capisco perché è stato battezzato Murelli. Dopo alcune ore raggiungiamo uno stupendo faggeto. Dalle mie parti quando camminando per i sentieri di montagna si incontra un faggeto è sempre una piacevole sorpresa. Vinta la fatica iniziale le gambe procedono da sole, così i pensieri si rivolgono ad altro, in modo all'apparenza confuso, uno dopo l'altro come i passi finché tra i piedi e il cervello c'è perfetta sintonia. Capisco perché si dica: "ragionare con i piedi". Inizio a pensare ad un progetto che ho in mente da tempo e si intitola: "Avevo20anni e negliOcchi unAmore".

Avevo20anni nasce da una serie di riflessioni sulla pace che un gruppo di amici ha condiviso, per poi accorgersi che in realtà sono i pensieri di tanti, forse le domande di tutti. E' una idea che deve crescere, cambiare e raccogliere il contributo di chiunque si sentirà provocato. E' un lavoro che non potrà mai essere concluso ma dovrà essere in permanente evoluzione.

Avevo20anni è un lavoro che spazia tra passato, presente e futuro; che utilizza diversi strumenti: poesie, film, canzoni, animazioni, ecc... E' un lavoro che insieme ricorda e sogna, perché anche oggi chi sta camminando sull'irto sentiero della pace possa trovare un rifugio. Un luogo, delle persone con le quali: riposarsi, condividere e progettare.

Mi vengono in mente le parole scritte da Claudio nel progetto per il laboratorio della Pace e faccio mie: "Generalmente il termine PACE viene inteso in senso negativo ossia nel significato di non gurra. Noi, al contrario, attribuiamo un diverso significato, che fa coincidere la Pace con l'effettiva garanzia di tutti i Diritti Umani per tutti ed ovunque. La definizione di PACE da noi accolta ci permette di collegare il termine PACE non al termine guerra ma piuttosto ad un altro termine fondamentale che è Sviluppo, ossia quel complesso processo di cambiamento sociale, economico, politico e culturale. A questi tre termini: PACE, Diritti Umani e Sviluppo dobbiamo aggiungerne un quarto altrettanto importante, ossia Nonviolenza. La Nonviolenza rappresenta l'unica strada possibile per uno Sviluppo duraturo." Quello del laboratorio è un progetto che mi fa capire quanto sia importante affermare il valore della pace attraverso l'educazione che è innanzitutto autoeducazione.

Mi viene in mente che quest'estate sono voluto andare a visitare un luogo che rappresenta una tappa fondamentale della sconfitta dell'uomo: Mathausen. Arrivo in un giorno di brutto tempo, i giorni prima e quelli dopo saranno soleggiati e caldi, è un coincidenza che rende ancora più tetro il luogo. Percorro l'itinerario della visita, e avverto un senso di nausea: è inevitabile chiedersi come sia potuto succedere. Sono passati solo 60 anni, nemmeno la vita di una persona, eppure sembra un'eternità. Questo pensiero mi fa paura, l'assenza della memoria mi fa paura. E' incredibile come noi occidentali, senza pudore e con soverchiante arroganza, vogliamo imporre con la violenza al mondo il valore della democrazia.

Su di un muro, in una cella a gas, leggo tra le numerosissime testimonianze: "Dalle ceneri della GUERRA può ardere la PACE".

Mi viene in mente che "Avevo20anni e negliOcchi unAmore" vorrebbe essere un omaggio a tutte le vite dilaniate tra guerra ed amore: a Milton e Fulvia e alla loro: "Una questione privata" raccontata da Beppe Fenoglio; a Enne 2 e Berta in "Uomini e no" di Elio Vittorini; a Robert Jordan e Maria in "Per chi suona la campana" di Ernest Hemingway, ma anche a Davita e a suo padre in "L'arpa di Davita" di Chaim Potok e a molti altri di cui non ho perso memoria e che so essere dentro di me, con i quali sono cresciuto, che mi hanno aiutato a capire quanto sia importante affermare il valore della pace attraverso la cultura.

Mi vengono in mente le notizie che i giornali riportano quasi quotidianamente di persone che muoiono in fondo ai nostri mari. Mi sono sempre chiesto: e se fossi stato io che, indossato il mio carico di disperazione, avessi deciso di scappare da una terra che mi odia per andare in una che non mi vuole? Non c’era bisogno né di Bin Laden né di Saddam per capire che eravamo in guerra. Come si possono spiegare le navi, gli aerei, ecc.. che l’esercito utilizza ormai da anni per presidiare le nostre frontiere? La nostra prepotenza, se non peggio la nostra indifferenza, sono le premesse per una catastrofe. La paura dell’altro, per quanto legittima deve essere vinta. Così è per Herrison Ford in Blade Runner. In una delle scene finali quella in cui l’alieno (l’altro per definizione) recita la famosa frase: “ho visto cose che voi umani ...” e ha sotto i piedi Ford per ucciderlo, ma lo risparmia. In questo punto del film inizia quel bellissimo monologo nel quale il protagonista riconosce che nonostante le differenze scaturite dall’appartenere a mondi diversi (in senso letterale) ci sono cose che li accomunano e sono le domande fondamentali sul senso della vita: chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando?

Mi vengono in mente i nostri nonni. Una generazione rovinata dalle guerre: la prima guerra mondiale, le follie colonialiste, e la seconda guerra mondiale. Così penso alle parole scritte da Ungaretti in Veglia:” Un’intera nottata / buttato vicino / a un compagno / massacrato / con la sua bocca / digrignata / volta al plenilunio / con la congestione / delle sue mani / penetrata / nel mio silenzio / ho scritto / lettere piene d’amore / / Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita.”

Sarebbe troppo facile e un lavoro infinito denunciare tutte le volte che le religioni sono state utilizzate dall'uomo contro l'uomo. Mi preme però ricordare una persona, un religioso, un uomo che ha saputo fare della propria religione uno strumento per l'Uomo e con l'Uomo: David Maria Turoldo. Lo spirito con cui si è messo alla ricerca di quella verità che è una e nel contempo presente nel miliardo di persone che abitano questo pianeta mi affascina mi sembra prossima all'idea che ho di Dio: uno ma infinito come le fedi, fragile come l'uomo ma potente come l'umanità, re perché servo, forte con i forti e tenero con i deboli, povero.

Mi viene in mente che svolgendo questo lavoro abbiamo constatato che la guerra, alcune volte ma quelle poche volte in modo mirabile, mette in luce il valore della vita; così, per ragioni diametralmente opposte, ci è sembrato che lo stesso attaccamento alla vita lo si avverte a 20 anni quando si ha negli occhi l'amore. Se riuscissimo ad innamorarci della vita di un'altra persona come a 20 anni si ama, allora forse l'ultima guerra combattuta sarebbe quella passata, Sarajevo non sarebbe solo una città, ma anche, e forse ancora di più, insieme un ricordo e una speranza, le religioni o le ideologie uno strumento per l'Uomo e con l'Uomo.

Con questi pensieri arrivo al Bugone dove mi aspetta uno stupendo brasato che per qualche istante mi fa dimenticare tutto.

Mentre mangiamo si siedono di fianco a noi tre persone: due uomini e una donna di mezza età. Sono vestiti in modo elegante. In tempi passati con disprezzo li avrei etichettati come borghesi, oggi non sento più il bisogno di confessare questi pensieri perché in fondo mi sono reso conto di esserlo anch'io un borghese (= amante della tranquillità). Commentano le dichiarazione di Berlusconi su Mussolini ".. mandava in villeggiatura le persone che non la pensavano come lui ... ", sostengono che in fondo Berlusconi abbia detto solo la verità. Il brasato diventa amaro. Alzo gli occhi al cielo, ed esattamente sopra di loro, sul muro del rifugio del Bugone, c'è una lapide con inciso: "Santi Vinicio, ... (un elenco di circa 7 o 8 persone) immolarono la loro giovane età per la libertà". Il brasato mi risulta indigesto. Vorrei alzarmi per ... non so! Mi alzo, rinuncio al dolce, pago il conto e ce ne andiamo. Per una settimana questo pensiero mi assilla, non riesco a farmene una ragione.

Il venerdì successivo alla passeggiata alla Murelli, Giuseppe mi chiama e mi propone alcune iniziative per ricordare che a Sarajevo, il 3 ottobre 1993, veniva ucciso Gabriele Moreno Locatelli da parte di un cecchino, mentre attraversava il ponte di Vrbania in una azione di pace: deporre dei fiori dove era stata uccisa la prima persona della guerra. "Eccomi!".

Spesso sembra che la storia inesorabilmente si ripeta come fosse un cerchio. Ai problemi mai risolti se ne aggiungono di nuovi: l'immigrazione, le armi di distruzione di massa, il terrorismo internazionale, il fondamentalismo religioso, ecc... Viviamo in un tempo in cui non sono più possibili facili sogni o semplici ricette rinchiuse nei dogmi delle ideologie. E' inevitabile sporcarsi le mani. Occorre essere capaci di spezzare il cerchio. E' arrivato il momento di sprigionare una nuova forza che combatta la violenza con l'amore. Affermare l'etica dell'amore è urgente e necessario prima che sia troppo tardi, prima che la prossima pioggia di missili ci travolga.