venerdì 10 gennaio 2020

Dove non arriva lo Stato con la politica è la società civile che supplisce.
Andando sempre più a sud si è raggiunto il limite, le 12 miglia dalla costa libica, quello che in gergo vengono chiamate acque territoriali, dove non si può entrare con le navi militari italiane, sarebbe come invadere una nazione. Se però le navi militari italiane non possono entrare nelle acque territoriali della Libia è diverso il caso in cui sia un privato a farlo, una ONG, in questo caso è legittimo.
In uno dei pranzi dalla zozzona il comandante Malga mi dice "non usiamo giri di parole, le ONG vanno a prendere i migranti appena partiti, a poche miglia dalla costa della Libia. Questo è un modo per evitare le sciagure in mare, ma soprattutto per evitare che le  compagnie marittime subiscano danni economici.  Le compagnie marittime sono gli sponsor più importanti delle ONG. Fino a quando c’erano solo navi mercantili ad attraversare il mare a sud di Lampedusa, queste erano spesso costrette ad andare in soccorso dei migranti in difficoltà perdendo giorni di navigazione e quindi svariati milioni di euro all’anno”.
La zozzona è una signora di mezza età ben passata, intendo sia l'età che probabilmente lei, e gestisce un ristorante cinese. Il soprannome non è riferito tanto a presunti servizi per soli uomini, per altro offerti nel locale di fianco al ristorante, ma per la pulizia del posto, il pavimento è così unto che alla cassa si arriva pattinando.
Il menu della zozzona è in polacco, se l'avventore desiderasse ordinare da mangiare utilizzando un altro idioma l'unico altro ammesso è il cinese, e sinceramente tra i due non saprei cosa scegliere. Con il tempo ho maturato una chiara preferenza, il piatto numero 34, che ordino mostrando il 3 con la mano sinistra e il 4 con la destra. Io e il comandante Malga abbiamo elaborato la teoria che le pietanze della zozzona siano drogate. Fintanto che abbiamo lavorato a Varsavia sentivamo il bisogno di farle visita almeno una volta alla settimana.
Stiamo tornando dal consueto pranzo settimanale  dalla zozzona e vedo sotto una pensilina un uomo di colore avvolto nelle coperte, penso ai migranti che ho conosciuto a Como. Dal '96 al '01 con Chiara, compagna di un viaggio che sta durando una vita, abbiamo aiutato a gestire la mensa per senza fissa dimora. Abbiamo conosciuto persone che ha visto frantumarsi il sogno di una vita migliore, e sono state costrette alla durezza dei marciapiedi e lo sconforto dei portici.
Era il 1997 quando abbiamo soccorso Izmet, sua moglie e i suoi 4 figli, scappavano dal Kosovo, dalla guerra. Li incontrammo alla stazione di Como nel disperato tentativo di raggiungere la Svizzera. Li aiutammo a trovare casa e lavoro, e ci vollero 5 anni prima che gli venisse riconosciuto l'asilo politico.
Difronte a chi ha bisogno d’aiuto provo due sentimenti apparentemente contraddittori ma intrinsecamente complementari: l'istinto di proteggermi, e il desiderio d’aiutare.
Credo che sia naturale sentire il bisogno di proteggerci dall'altro, dal diverso. Il diverso turba la nostra quiete, potrebbe pregiudicare il nostro benessere. Se non si ha la capacità di compatire, che forse è il sentimento che ci spinge ad accogliere, il rischio è quello di alzare le frontiere e di raccontarci balle del tipo "vanno aiutati a casa loro", che un po’ come nascondere la testa sotto la sabbia, non voler affrontare il problema.
Sebbene proteggersi e accogliere siano sentimenti che fanno parte della natura di ognuno di noi è compito anche della politica, del nostro stare insieme, quello di cercare un equilibrio. È precisamente questa incapacità di fare sintesi, di creare una complementarietà tra il diritto di migrare e il dovere di accogliere, che oggi manca, quindi vincono gli estremismi: da un lato c’è chi vorrebbe abbattere tutte le frontiere, e dell'altro chi impone la chiusura totale dei porti. Nelle scelte non si può essere guidati dagli eventi occorre la forza delle visioni che si traducono in progetti.
Un tempo quando i politicanti di turno dicevano bestialità contro gli extracomunitari pensavo che fosse la conseguenza di una società chiusa, di persone cresciute in ambienti troppo stretti, locali, incapaci di cogliere le sfide di un mondo che nel frattempo stava diventando inter-dipendente a livello globale, ma mi sbagliavo. La nuova generazione di politici sebbene abbia accesso ad informazioni che nessuna generazione precedente abbia mai avuto, è più avida, cattiva ed ipocrita di quella precedente. Usa, ma più spesso inventa, informazioni per nascondere la testa sotto la sabbia.
Il pranzo è finito, l'effetto del cibo drogato anche, ed è tempo di tornare al lavoro. Mentre sto andando in ufficio apro Facebook c’è un post dell’onnipresente ministro con la felpa che sta lanciando l’ennesima fatwa contro i migranti. Mi sembra la spiegazione di cosa stia andando storto. Questo tema, quello dell’immigrazione, non può essere lasciato ai “like”, ma ha bisogno di essere interpretato. Siccome è difficile capire la complessità del mondo in cui viviamo, ci affidiamo a teorie, meglio ancora se riassumibili in un tweet, senza ricordarci che teorie simili sono state le madri degli ISMI del secolo scorso: fascismo, comunismo. I partiti hanno perso il ruolo d’aiutare ad interpretare i fatti, i social media ci buttano nella pancia in tempo reale cose che devono essere digerite, e come i pranzi dalla zozzona hanno bisogno di tempo o di un digestivo.