venerdì 30 giugno 2006


La ricerca della verità e quindi la radicale ricostruzione della società, necessita delle  molteplici interpretazioni e dei diversi punti di vista delle persone che in essa agiscono. Bisogna essere capaci di ascoltare questi bisogni e di proporre dei percorsi per l’elaborazione condivisa delle soluzioni. Ciò può essere fatto solo a condizione che si sia capaci di condividere le dimensioni della vita (il tempo, lo spazio e i pensieri), con il maggior numero di persone possibile che vivono in un territorio. Ma con quali obiettivi? Per costruire cosa?

L’obiettivo prioritario della proposta a cui sento di aderire è quello di costruire il benessere per tutti, liberandoci dalle catene dello sfruttamento che per qualcuno è di tipo economico e per altri di tipo culturale. Diamo senso a quell’interpretazione per cui occorre organizzare la società in cui viviamo in modo tale da garantire a ciascuno dei suoi membri un livello minimo di sicurezza economica (quel tanto necessario ad assicurare una vita semplice e sana) e per il resto una massima e uguale possibilità di realizzare compiutamente se stessi.
Occorre essere in grado di elaborare un nuovo linguaggio che sappia superare gli insuccessi del secolo scorso e sia in grado di offrire una nuova narrazione dei fatti, questo può essere fatto solo a partire dall’individuazione dell’avversario. Sono stanco di chi punta il dito contro il padrone o il proletario, il produttore o il consumatore, ecc… il vero avversario è dentro di noi, ognuno di noi ogni volta che siamo: disattenti all’ambiente che ci circonda, egoisti nei confronti degli altri, irrispettosi nei confronti della nostra persona, ecc.. Relegando al passato espressioni come: destra e sinistra, progressisti e conservatori, probabilmente si potrebbe uscire da eccessive semplificazioni e labirintici discorsi che mettono da un lato l’accento sulle strutture, il sistema e le regole nelle quali viviamo e dall’altro sul ruolo e l’utilità che ognuno di noi ha nel contesto in cui vive. Sono espressioni parziali e secondarie rispetto alla complessità e la ricchezza della persona da cui si dovrebbe ripartire.
Non si può scegliere se essere o meno cittadini globali: questa è diventata insieme una necessità e una paura, quindi, per qualcuno una disgrazia, per altri una occasione per arricchirsi alle spalle dei più poveri, per altri ancora una sfida. Dotiamoci di nuovi strumenti politici che sappiano coordinare questa nuova dimensione planetaria ma che abbiano forti radici e forti poteri nella dimensione locale in cui si vive, la quale rappresenta il vero cosmo di riferimento per ognuno di noi.
E’ necessario riscrivere le regole che governano il rapporto fra popoli (che è differente da quello fra le nazioni). Un nuovo ordinamento dovrà tener conto della dimensione globale costruita sulla base di polarità culturali e territoriali. Esso sarà chiamato a dar forma a relazioni competitive tra “grandi spazi” culturali, non ad annullarne l’autonomia. Il primo passo per scongiurare la paura che nasce dalla differenza fra le persone è quello di riconoscerla e valorizzarla correttamente, non di cercare di negarla o peggio, acriticamente, integrarla.
Non c’è vera autonomia se non la si completa con la responsabilità. La responsabilità si manifesta sia nei confronti della natura sia nel rispetto di tutte le vite e in particolare quelle umane, in tutte le parti del globo e per le generazioni future. Facendo compartecipare autonomia e responsabilità, si produce una vera trasformazione: la libertà si arricchisce nella solidarietà e l’uomo, da libero padrone delle sue prerogative, si scopre capace di autentici gesti di giustizia perché in grado di assumersene la responsabilità
Oggi più che mai è intorno al valore della democrazia che si rende necessario, oltre che urgente, spingere le riflessioni e riprogettare la nostra socialità, cioè la modalità con cui definiamo le regole della reciproca convivenza. Oggi, assistiamo a una interpretazione blanda e incompiuta della democrazia che chiamiamo “parlamentare”. Non si tratta di ritornare alla democrazia diretta, sarebbe un passo nel passato e oltretutto non consentirebbe di governare i complessi processi che regolano la nostra società. Occorre ridefinire attraverso strumenti che consentono maggiore controllo dal basso le regole di governo della democrazia rappresentativa, perché la politica torni ad essere un servizio per tutti e non gestire gli interessi di qualcuno. Nella cultura occidentale sono stati elaborati due tipi di strumenti che consentono di svolgere un’azione politica: strumenti che condizionano il potere (per esempio le campagne di boicottaggio, le associazioni di categoria, ecc..) e strumenti che gestiscono il potere, per esempio i partiti. Il luogo dentro il quale si fonde la politica che condiziona con quella che gestisce, dove si riconoscono le specificità culturali di ognuno e dove si costruisce una società dove ci sia benessere per tutti, non può essere una struttura o un organismo (parlamenti, reti di associazioni, ecc...) ma è la persona, ogni singola persona: unico vero oggetto e soggetto di cambiamento, fine e mezzo di una proposta che abbia come obiettivo quello di conciliare la libertà e la solidarietà. E’ attribuendo poteri alla persona, ad ogni singolo individuo, che si realizza in modo più compiuto la democrazia. Occorre essere capaci di educare ed educarci a partecipare alle decisioni che caratterizzano la nostra vita nelle comunità a cui sentiamo di appartenere (chiese, comuni, quartieri, fabbriche, scuole, ...) e contemporaneamente di pretendere che ogni persona possa esercitare una forma di potere reale.
Esiste un progetto politico che è rimasto incompiuto. Un progetto etico e religioso che è stato trascurato. Un progetto culturale che ha bisogno di essere avviato. E’ il progetto alla cui radice c’è la nonviolenza. La nonviolenza è mezzo e fine per una trasformazione duratura e permanente (una rivoluzione) che ci permetterà di dar corso ad un riformismo assoluto. Assoluto perché investirà tutta la nostra persona nei diversi aspetti: spirituale, politico, culturale, sociale, ecc… e di conseguenza la società. Così l’aspirazione alla pace, presente in tutte le persone, in tutte le civiltà e in tutte le epoche potrà trovare una realizzazione migliore delle blande interpretazioni di questi tempi.