L'ultimo giorno a Lisbona è un susseguirsi d'abbracci, baci, e pacche sulle spalle. È paradossalmente salutare salutare le tante persone che abbiamo conosciuto e ci sono diventate amiche, è un po' come guardarsi indietro e sentire di aver speso bene il tempo. Lasciamo una comunità varia e variegata, molto meno omogenea di quella che abbiamo lasciato in italia. Di tutti questi abbracci mi commuovono quelli dei nostri vicini.
L'abbraccio lacrimoso dell'Emanuel, il parrucchiere sotto casa, con il quale la sera tornando dall'ufficio mi fermavo a fare due chiacchere, e quando andavo a farmi i capelli alla fine mi faceva l'occhiolino dicendomi che sarebbe stata una notte fortunata con la mia sposa. Oppure il magone della Joana che ha preferito che non la salutassimo prima di partire, perché le saremmo mancati. Questo è il segno che a noi l'Alfama è piaciuta, siamo riusciti a costruire un'altra casa.
Gli addii non sono il mio forte, ma mi vengono molto meglio degli incontri. Mi imbarazzano meno. Così adotto la politica della mucca, rumino, ingoio emozioni senza digerirle in attesa di momenti migliori, o peggiori, per ripensare al passato.
Mi passano davanti agli occhi le immagini degli ultimi giorni, Giacomo sul letto a fissare il soffitto, Giovanni ad osservare l'ultimo tramonto sopra il 25 Aprile, Viola piangere come mai l'ho vista fare abbraciando Mayia, e Chiara scuotere la testa incredula all'idea di lasciare rua Cais de Santarém.
Saper dire addio è difficile, ha un sapore definitivo.
Abbiamo ammucchiato alcune cose nel garage/laboratorio della Joana, cose di troppo di cui lei saprà fare buon uso. Credo che partire sia un po' anche questo, un'occasione per alleggerirsi.
Saper dire addio è essenziale, ha il sapore della crescita.
L'abbraccio lacrimoso dell'Emanuel, il parrucchiere sotto casa, con il quale la sera tornando dall'ufficio mi fermavo a fare due chiacchere, e quando andavo a farmi i capelli alla fine mi faceva l'occhiolino dicendomi che sarebbe stata una notte fortunata con la mia sposa. Oppure il magone della Joana che ha preferito che non la salutassimo prima di partire, perché le saremmo mancati. Questo è il segno che a noi l'Alfama è piaciuta, siamo riusciti a costruire un'altra casa.
Gli addii non sono il mio forte, ma mi vengono molto meglio degli incontri. Mi imbarazzano meno. Così adotto la politica della mucca, rumino, ingoio emozioni senza digerirle in attesa di momenti migliori, o peggiori, per ripensare al passato.
Mi passano davanti agli occhi le immagini degli ultimi giorni, Giacomo sul letto a fissare il soffitto, Giovanni ad osservare l'ultimo tramonto sopra il 25 Aprile, Viola piangere come mai l'ho vista fare abbraciando Mayia, e Chiara scuotere la testa incredula all'idea di lasciare rua Cais de Santarém.
Saper dire addio è difficile, ha un sapore definitivo.
Abbiamo ammucchiato alcune cose nel garage/laboratorio della Joana, cose di troppo di cui lei saprà fare buon uso. Credo che partire sia un po' anche questo, un'occasione per alleggerirsi.
Saper dire addio è essenziale, ha il sapore della crescita.