domenica 2 ottobre 2016

 Adoro Kapuscinski ma 'sto libro sulla Polonia è di difficile digestione, se poi lo si legge dopo aver mangiato stinco e bevuto birra l'effetto è devastante, così entro in una sorta di letargo pomeridiano. Risorgo alle 17:00 del pomeriggio e decido di trascinarmi nel supermercato sotto casa per improvvisare una cena con film.
Il supermercato sotto casa è una sorta di COOP di paese, o meglio Pingo Doce di città. Tanto che oggi mi è scesa una lacrima quando ho visto esposti alcuni prodotti portoghesi (c'era persino la Super Bock). 
Sono quindi nel supermercato con jeans improvvisati, maglione consumato, capelli per aria, ma soprattutto faccia stralunata. Diciamo un 40-enne non propriamente di bell'aspetto.
Quando vedo le palmeiras Pingo Doce non resisto, allungo la manina per metterle nel carrello. Purtroppo la pesentezza del pomeriggio rende i gesti goffi, così urto una serie di scatole che rovinosamente faccio cadere nel corridoio. In men che non si dica si presenta il donnone-commessa-polacca che sparando una serie infinita di consonanti che terminano per "ski" e hanno dentro ogni tanto la "sc" mi dice qualcosa che non capisco, così sorrido, lei forse intenerita, più certamente infastidita, mi fa segno d'andare avanti. Ringrazio con una delle poche ma essenziali parole che ho imparato "Dziękuję". 
Tra le cose che devo comperare c'è il lievito. In Portogallo fu facile farsi capire, ma qui in Polonia vi sfido a chiede ad una commessa polacca che non parla inglese dove si trova il lievito. Riincontro la mia amica, quella degli scafali, e mi avvicino con una idea geniale, estraggo lo smartphone e con Google traduco lievito in polacco. Con tutta la slavicita' di cui sono capace pronuncio con soddisfazione "drożdżele", questa mi guarda, corruccia la fronte come se avesse di fronte un cretino (ok ogni commento è superfluo) e se ne va senza dire una parola. La intercetto e le mostro lo smartphone, lei lo guarda, mi guarda, scuote la testa e dice 'lievito?!?!'. Cerco di spiegarle che era l'altra la parola da leggere, ma non ne vuole sapere, se ne va. Diciamo che è chiaro, qui in Polonia ci sono margini per migliorare il "customer service".
Mi rassegno, niente lievito, proseguo con la spesa. Ogni film che si rispetti deve essere bagnato con un buon gelato. Ecco, di buon gelato per adesso neanche l'ombra. Prendo quello che mi sembra il meno peggio e lo metto nel carrello. Quando faccio per alzarmi mi si avvicina una bella ragazza sui trent'anni, minigonna, capelli biondi che sorridendo mi dice qualcosa in polacco, le chiedo se parla inglese, mi risponde di no, quindi si china ed estrae il gelato dal suo carrello e me lo dà in mano. Io ovviamente imbarazzato chiedo scusa. Nel frattempo passa il donnone-commessa che scuotendo la testa dice seria "lievito eh!" Sembra voler dire una cosa del tipo "voi italiani tutti uguali!!!".
Mi dirigo alla cassa per pagare, c'è una lunga fila, quando arriva il mio turno vengo diretto verso la cassa numero 3. A gestire la cassa c'è il famoso donnone che quando mi vede vorrebbe cambiare mestiere. Però accetta con rassegnazione la cattiva sorte ed inizia a battere i prodotti sulla cassa, alla fine mi chiede se voglio pagare con la carta o in contanti. Non che io possa aver capito la domanda, ma dopo 4 settimane so che è la domanda di rito. Dico carta, del resto con i contanti sarebbe impossibile capire la cifra. Frugo nelle tasche e mi accorgo di avere dimenticato il portafoglio in casa. In tre nano secondi mi vengono 3 pensieri: "che figura di merda!" "cosa dico a questa?" "Come esco da questa situazione?". Tutti pensieri che articolo ad alta voce, intanto qui non mi capisce nessuno. 
Mi viene una idea geniale, quella di estrarre lo smartphone. Archivio velocemente l'idea, sia per il pessimo risultato appena sperimentato che per il fatto che non saprei cosa scrivere. 
Quindi la guardo, giro le tasche dei pantaloni e cerco di dirle che se mi mette la spesa da parte salgo in casa e ritorno in 5 minuti. Ovviamente non capisce le mie intenzioni, e chiama con un lieve ghigno la guardia. 
Sono fatto, mi vedo già vecchio nelle prigioni polacche, ma accade un inaspettato evento. 
La giovane bionda sentendomi argomentare in italiano si avvicina, e in un italiano fluente si propone di farmi da traduttrice. 
Ci accordiamo per il seguente piano che seguo senza sbagliare: metto la spesa nei sacchetti, sotto l'occhio vigile della commessa e della guardia, salgo in casa, prendo il portafogli, scendo, pago, saluto e vado.
Morale della vicenda, anche una banale spesa qui in Polonia si può trasformare in una impresa da non sottovalutare. Morale numero due: col cacchio che l'inglese è la lingua universale. Corollario alla morale numero due: l'italiano è un lingua meravigliosa.