Ad Esfahan facciamo una delle esperienze che ogni viaggiatore vorrebbe fare. Merito di una terra meravigliosa e di un popolo colto, rispettoso, e curioso.
Come spesso accade, a propiziare un incontro sono i bambini con i loro adorabili bisogni. Abbiamo appena finito di pranzare nel meraviglioso Bazar di Esfahan, ho mangiato carne di montone tritata servita con spezie in un pane modello wrap, e decidiamo di andare nel quartiere armeno. Stiamo camminando sulla riva dello Zayandeh, il fiume che attraversa Esfahan, godendoci la fresca brezza che dai monti Zagros scende sulla città, quando a Giacomo scappa. Quale migliore momento :-( Per nostra fortuna c'è un bagno pubblico vicino. Ci infiliamo, io e il ragazzo, con timore. Il bagno si rivelerà molto più pulito di quelli a cui siamo abituati in Europa. Nel bagno incontriamo Hamid il quale si scusa per la sporcizia, un pretesto per attaccare bottone. Spendiamo un'ora a parlare dell'Iran, della sua storia, della percezione sbagliata che abbiamo noi europei assimilando gli iraniani agli arabi. Hamid ci tiene a sottolineare che gli iraniani sono persiani di fede islamica, sciita non sunnita. Lui è un architetto urbanista e mi racconta come le città venivano edificate. Nella piazza principale c'era un luogo per la politica, uno per la scienza, uno per educazione e religione, uno per l'economia. Saperi che dovevano stare vicini per influenzarsi. Questa cosa ritorna nelle persone che abbiamo incontrato, colte, informate, profonde, affabili. Questa cosa è stata superbamente realizzata nella piazza Naqsh-e Jahan Imam. È uno di quei posti che almeno una volta nella vita andrebbero visitati per comprendere la grandezza del genio umano che non conosce latitudini o longitudini.
Hamid ci spiega che la prima religione a credere in un Dio onnipotente è stato lo zoroastrismo, che postula (o crede) nell'eterno dualismo tra bene e male, e nel destino, in questa vita, di dover confinare il male per raggiungere il bene. Sorride ricordandomi che credevano negli scritti di Zarathustra i Magi che per primi andarono a omaggiare Gesù, "il tuo Dio".
Ma il bello del viaggiare deve ancora arrivare.
Attraversiamo il fiume e raggiungiamo, nel cuore del mondo islamico, il ricco quartiere cattolico diegli armeni. Andiamo a visitare la bellissima chiesa dedicata a S. Giovanni d'Arimatea, una tappa significativa in tempo di Pasqua.
Sulla via del ritorno verso l'albergo, mentre stiamo cenando, a Viola arriva un messaggio. Una ragazza che aveva conosciuto il giorno prima passeggiando per la piazza Naqsh-e Jahan Imam c'invita a casa sua. Una splendida occasione per conoscere un Iran senza velo. Ci vengono offerti frutti molto buoni e assaggiamo dolci prelibati (quelli che io adoro, noci e mandorle caramellate o con il miele). Ma soprattutto riusciamo a parlare del glorioso passato, del difficile presente, e dell'impossibile futuro. Viola è molto attenta, fa domande, racconta di quanto sia difficile entrare in Europa. Parliamo del ruolo della famiglia così diverso tra le due società, e Viola ci racconta che a scuola hanno trattato il tema della felicità e dei tentativi in Olanda di costruire comunità più integrate per alleviare la sofferenza che la solitudine sta creando nella nostra società individualista.
Quando stiamo per congedarci l'amica di Viola ci dice che era stata indecisa se invitarci a casa loro, temeva che potessimo pensare che era un pretesto per rapirci.
In macchina, al rientro, penso ai sogni così differenti di adolescenti che stanno crescendo in mondi diversi.