venerdì 12 luglio 2019


Omalo e Shatili sono due villaggi sperduti tra le montagne del Caucaso. Da Tbilisi per raggiungere Omalo occorre guidare su strade sterrate per circa 7 ore. Le strade spesso franano, per questa ragione ci sono operai ogni 20 km che le riparano, anche noi abbiamo dovuto fermarci ed aspettare che rimuovessero una frana. È la strada più pericolosa d’Europa, almeno questo è quello che ci ha detto la persona che ci ha portato ad Omalo con uno splendido Mitsubishi Delica 4x4. Loro, i georgiani, ci tengono ad essere considerati europei, anche se sono in pochi i geografi che considerano Georgia, Armenia e Azerbaijan parte dell’Europa. Comunque per noi, se loro ci tengono, sono europei.
Shatili (1.400mt) è raggiungibile da Omalo (1.800mt) solo a piedi o a cavallo, con un percorso di 5 giorni attraverso le montagne del Caucaso dove si raggiungono i 3.400mt del passo dell’Atsunta.
Per noi Omalo-Shatili significa un trekking di famiglia.
Quando incontriamo la guida ad Omalo ci guarda perplessa, e ci consiglia di affittare un cavallo per portare zaini e tende. Dall’ultimo campo al passo dell’Atsunta ci sono 1.400mt di dislivello in salita e 1.000mt in discesa da percorrere in un giorno, senza considerare che per arrivare al campo prima del passo ci sono 3 giorni di cammino di circa 7 ore ogni giorno, con ripide salite e vertiginose discese. Io guardo Chiara, Chiara sorride, quindi posso chiudere la questione con “i cavalli li ho portati da casa”, noi ridiamo, loro no.
Cammineremo sotto la grandine a 3.000mt, dovremo guadare diversi fiumi (uno a cavallo, e per superare un altro dovremo costruire un ponte provvisorio con tronchi d’albero), ci accamperemo con le tende in posti remoti ed isolati, ci laveremo la faccia in gelidi ruscelli, cucineremo la pasta con i fornelletti, andremo a dormire molto presto la sera e ci sveglieremo all’alba, incontreremo pochi turisti (due coppie di tedeschi), dovremo stare attenti ai cani pastore del Caucaso (anche se uno che chiameremo “Cucu” ci accompagnerà per un tratto di cammino), avremo modo di conoscere un ragazzo e un uomo piuttosto maturo in un villaggio sperduto tra le montagne che ci aiuteranno a capire come guardare a questo pezzo d’Europa, dovremo registrare la nostra presenza in remote stazioni della polizia di frontiera (perché dall’altro versante c’è la Cecenia), ma soprattutto faremo i conti con i nostri limiti.
Chi con un ginocchio che in discesa gli ricorda  tutti i sentieri fatti, chi con un passo che non è più come quello di una volta, chi con il fastidio di non potersi mettere comoda e pulita, chi con il fiato corto, e chi con uno passo troppo lungo da dover seguire.
Nessuno si è lamentato, ognuno si è fatto carico della propria fatica e ha cercato di superarla, a me questa cosa è sembrata una grande prova di quanto Viola, Giacomo e Giovanni siano cresciuti. In montagna quando ti accorgi di un ostacolo o di un limite non è detto che tu possa tornare indietro, ritornare ti costerebbe tanta fatica quanto andare avanti, quindi non ti resta che andare avanti.
Siamo arrivati, stremati ma contenti. Siamo a Shatili, un villaggio dove ogni casa è un forte, dove ogni contadino o allevatore doveva essere anche guerriero. Sono valli impervie, ogni valle usi e costumi diversi, ogni valle una lingua diversa, ed i nemici erano quelli delle valli vicine.
A Shatili arriviamo presto, ci possiamo fare una doccia calda, curare le fiacche, e rifocillare con ottime melanzane farcite con crema di noci, polpette di patate, ravioli giganti, etc.
A Shatili piove, ne approfitto per scrivere qualche appunto.