In ogni viaggio che ho fatto c’è stato un Seymur con il quale mi è capitato di spendere del tempo e scambiare opinioni sul Paese che stavo visitando. È un pò il senso di viaggiare, conosco persone che mi aiutano a capire cosa sto guardando.
Seymur lo conosciamo a Sheki una piccola cittadina in Azerbaijan ai piedi della catena montuosa del Caucaso. Sheki vive nel passato, quando era una tappa obbligata per chi percorreva la via della seta. A Sheki c’è un meraviglioso caravanserraglio, e soprattutto la residenza dell’allora re della zona (Shaki Khans, secolo XVIII), il palazzo immerso in un parco ha mosaici colorati ed eleganti affreschi. Sembra il posto perfetto per girare un film su Marco Polo.
A Sheki scopro che su queste montagne per secoli hanno vissuto gli albani, una tra le prime popolazioni ad aver abbracciato il cristianesimo. Non solo, è in questa parte del mondo che lo zoroastrismo ha avuto origine.
Che miscuglio, sembra un mondo avvolto da un velo di malinconia, in bilico tra l’essere sepolto dalla storia o in attesa d’esplodere.
Il giorno prima di arrivare a Sheki dalla Georgia abbiamo pernottato a Sighnaghi dove c’è un monastero ortodosso. Sono molto belle le chiese ortodosse con le icone appese alle pareti e le candele che illuminano appena il circostante, si respira un’aria di profonda devozione. Da Sighnaghi ci siamo fatti accompagnare al confine tra Georgia a Azerbaijan, e con lo zaino in spalla abbiamo attraversato la frontiera. Il poliziotto di confine azero ci ha chiesto se siamo stati in Armenia. Quella del Nagorno Karabakh è ancora una ferita aperta.
A Sheki ci arriviamo dopo due ore di Lada, una gloriosa berlina di fabbricazione russa, la poverina dimostra tutti i suoi anni e sulle salite più pendenti ci costringe a brevi soste per raffreddare il motore.
Dopo aver visitato Sheki decidiamo di andare a Laich un paesino di montagna a circa 180km. Seymur ci accompagnerà a Laich da Sheki con un’altra Lada, e durante questo viaggio ho modo di guardare questo paese con gli occhi di uno del posto. Secondo Seymur l’Azerbaijan è un paese stretto tra tre giganti, i russi a nord che vorrebbero mettere le mani sulle sue risorse petrolifere, l’Iran a sud con il quale condivide la religione, e gli Arabi wahabiti che sempre più stanno penetrando in questa società che risulta essere per loro troppo secolarizzata. Tra i Paesi islamici che ho visitato l’Azerbaijan è sicuramente il più moderato, le donne possono andare in giro senza velo con gonne corte. Secondo Seymur gli anni di comunismo sovietico hanno fatto bene al Paese prevenendo una deriva fondamentalista. Ma adesso la situazione si sta facendo più difficile, la famiglia che governa il paese da quando nel 1991 ottenne l’indipendenza dalla Russa, lo fa come se fosse una monarchia assoluta, la corruzione e i giochi di potere fanno si che in pochi siano ricchissimi, mentre molti vivano ai limiti della povertà.
Dell’Armenia Seymur non vuole parlare, lungo la strada mi mostra un’area dove vivono molti rifugiati in condizioni molto precarie a causa della sanguinosa guerra del Nagorno Karabakh degli inizi anni 90. Si stima che ⅛ della popolazione azera sia composta da rifugiati. Stiamo risalendo la valle per raggiungere Laich e la radio trasmette “L’italiano” di Toto Cutugno. A Seymur si illuminano gli occhi perché a lui “Celentano” piace tantissimo. Mentre provo a spiegargli che Cutugno e Celentano non sono la stessa persona, grossi massi si staccano dalla montagna e Seymur deve innescare velocemente la retro per evitarli. Del resto è successo così, poi sono arrivati i Rolling Stones e la musica non è stata più la stessa, più ribelle meno malinconica.
Seymur lo conosciamo a Sheki una piccola cittadina in Azerbaijan ai piedi della catena montuosa del Caucaso. Sheki vive nel passato, quando era una tappa obbligata per chi percorreva la via della seta. A Sheki c’è un meraviglioso caravanserraglio, e soprattutto la residenza dell’allora re della zona (Shaki Khans, secolo XVIII), il palazzo immerso in un parco ha mosaici colorati ed eleganti affreschi. Sembra il posto perfetto per girare un film su Marco Polo.
A Sheki scopro che su queste montagne per secoli hanno vissuto gli albani, una tra le prime popolazioni ad aver abbracciato il cristianesimo. Non solo, è in questa parte del mondo che lo zoroastrismo ha avuto origine.
Che miscuglio, sembra un mondo avvolto da un velo di malinconia, in bilico tra l’essere sepolto dalla storia o in attesa d’esplodere.
Il giorno prima di arrivare a Sheki dalla Georgia abbiamo pernottato a Sighnaghi dove c’è un monastero ortodosso. Sono molto belle le chiese ortodosse con le icone appese alle pareti e le candele che illuminano appena il circostante, si respira un’aria di profonda devozione. Da Sighnaghi ci siamo fatti accompagnare al confine tra Georgia a Azerbaijan, e con lo zaino in spalla abbiamo attraversato la frontiera. Il poliziotto di confine azero ci ha chiesto se siamo stati in Armenia. Quella del Nagorno Karabakh è ancora una ferita aperta.
A Sheki ci arriviamo dopo due ore di Lada, una gloriosa berlina di fabbricazione russa, la poverina dimostra tutti i suoi anni e sulle salite più pendenti ci costringe a brevi soste per raffreddare il motore.
Dopo aver visitato Sheki decidiamo di andare a Laich un paesino di montagna a circa 180km. Seymur ci accompagnerà a Laich da Sheki con un’altra Lada, e durante questo viaggio ho modo di guardare questo paese con gli occhi di uno del posto. Secondo Seymur l’Azerbaijan è un paese stretto tra tre giganti, i russi a nord che vorrebbero mettere le mani sulle sue risorse petrolifere, l’Iran a sud con il quale condivide la religione, e gli Arabi wahabiti che sempre più stanno penetrando in questa società che risulta essere per loro troppo secolarizzata. Tra i Paesi islamici che ho visitato l’Azerbaijan è sicuramente il più moderato, le donne possono andare in giro senza velo con gonne corte. Secondo Seymur gli anni di comunismo sovietico hanno fatto bene al Paese prevenendo una deriva fondamentalista. Ma adesso la situazione si sta facendo più difficile, la famiglia che governa il paese da quando nel 1991 ottenne l’indipendenza dalla Russa, lo fa come se fosse una monarchia assoluta, la corruzione e i giochi di potere fanno si che in pochi siano ricchissimi, mentre molti vivano ai limiti della povertà.
Dell’Armenia Seymur non vuole parlare, lungo la strada mi mostra un’area dove vivono molti rifugiati in condizioni molto precarie a causa della sanguinosa guerra del Nagorno Karabakh degli inizi anni 90. Si stima che ⅛ della popolazione azera sia composta da rifugiati. Stiamo risalendo la valle per raggiungere Laich e la radio trasmette “L’italiano” di Toto Cutugno. A Seymur si illuminano gli occhi perché a lui “Celentano” piace tantissimo. Mentre provo a spiegargli che Cutugno e Celentano non sono la stessa persona, grossi massi si staccano dalla montagna e Seymur deve innescare velocemente la retro per evitarli. Del resto è successo così, poi sono arrivati i Rolling Stones e la musica non è stata più la stessa, più ribelle meno malinconica.