lunedì 6 gennaio 2020

L'ultima sera che io e il comandante Malga siamo sull'isola veniamo invitati a cena a casa di Calogero.
Lampedusa la giriamo con il leprotto, una moto elettrica che ha due velocità, quella della tartaruga e del leprotto appunto. Noi siamo fissi sul leprotto, così possiamo raggiungere la fantasmagorica velocità di 30 chilometri all’ora.
Arriviamo a casa di Calogero dopo essere passati dal bar dell'Amicizia a comprare il dolce, il bar è una sorta d'istituzione sull'isola. A casa di Calogero veniamo accolti dai suoi figli e Bartolo, il papà di Angela, il suocero di Calogero. I due figli più piccoli di Calogero ci mostrano i loro disegni, Salvatore il più grande, la sua collezione di riviste di aeronautica. Salvatore è un bambino di 12 anni che appena può va a cala Sponze in bicicletta, una zona vicino all'aeroporto. A Salvatore piacciono gli aerei, forse un giorno vorrebbe volare via da quest'isola, lui per adesso li guarda atterrare e decollare, conosce tutti i modelli. Salvatore rispecchia un sentimento comune tra i lampedusani: ami così tanto quest'isola che vorresti andare via, ma poi ne senti la mancanza. Bartolo è un pescatore per passione, adesso è in pensione, per lui il mare è una via di fuga. Appena può esce con suo cugino e vanno a pescare lontano, stanno via giorni.
La cena l'ha preparata Angela con il pesce pescato da Bartolo, inutile dire quanto buona fosse. Durante quelle poche ore intorno ad un tavolo imparo un nuovo punto di vista su quello che sta succedendo al confine sud della nostra Europa.
La relazione dei lampedusani con il mare è una relazione intima. Bartolo mi racconta che i suoi fratelli si sono imbarcati su navi commerciali per fare rotte atlantiche, li ha visti poco, ma ha ricevuto tante cartoline. Il mare per quelli di Lampedusa non è un concetto, come potrebbe essere per molti di noi che lo abbiamo conosciuto sui banchi di scuola nelle ore di geografia, ma è vita.
Per Bartolo quello che sta succedendo è assurdo. Non si va in mare con lo scopo di salvare vite, tanto meno si va in mare con lo scopo di osteggiare quelli che vogliono salvare le vite, così come non si va in mare per far finta di salvare vite. In mare si va per pescare, per trasportare persone o merci, "in mare si va a cercare la vita non la morte. Il mare ha le sue leggi queste bisogna rispettarle, non forzarle”.
I trafficanti sono responsabili d’alimentare una speranza che spesso si risolve in tragedia, ma anche le ONG, le anti ONG, la polizia di frontiera contribuiscono in qualche modo all'assurdo gioco di forzare le leggi del mare.
Per Bartolo pensare di risolvere il problema dell'immigrazione in mare è assurdo, va risolto prima o dopo, comunque sulla terraferma, "in mare non deve succedere che la politica prevalga sulla vita". Per Bartolo se sei in mare e qualcuno ha bisogno di un soccorso l'ultimo tuo pensiero dovrebbe essere di cercare di capire perché quella persona si trova in difficoltà. Tu vai, lo salvi, lo ristori, lo porti in un porto sicuro e gli auguri buona fortuna, "migrare non può essere considerato un reato, quello che gli abbiamo costruito intorno è una vergogna, criminale".
Lasciamo la casa di Calogero a tarda sera, siamo stati bene, abbiamo bevuto, mangiato, parlato ma soprattutto condiviso.

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