domenica 5 dicembre 2010



Quali alternative …


Non voglio smettere di pensare che un altro mondo sia possibile.
In questo quadro politico per progetti politici che partano dalle persone non c'è spazio.
Non c'è spazio perché tali progetti non condividono il modo verticistico con il quale sia la C. che la M. hanno bisogno che venga gestito il potere. Un movimento che ha come obiettivo quello di diffondere il potere rappresenta un problema per chi il potere lo vuole gestire da dietro le quinte.
Con la M. non abbiamo niente da spartire. Con la C. di cose da spartire ce ne sono, ma occorrerebbe confrontarsi sulle questioni di fondo care alla C., intendo per esempio il tema della vita.
Per costruire una alternativa occorre una fede e una dedizione incredibile.
Tra di noi sono davvero pochi quelli che ce l'hanno. Non credo che valga la pena dedicare tempo ed energie a coinvolgere le persone che non credono che sia prioritario un impegno nella politica istituzionale, ognuno di noi ha gli strumenti per valutate quale mezzo ritiene sia necessario per costruire il proprio futuro.
Quindi credo che sia arrivato il momento di fare anche i conti con i poteri forti.
Riconoscere che la M. esiste anche dalle nostre parti, ed è radicata, significa dover riconoscere che esistono amministrazioni in cui il potere M.ioso è infiltrato. Noi non siamo in grado di riconoscerlo. Questo significa che noi stiamo correndo il rischio d’aprire le porte a persone colluse. Se questo dovesse succedere, e un giorno dovessimo avere la forza e la fortuna di riuscire a governare dalle nostre parti, questo significherebbe aver minato la nostra capacità di esistenza. Per i connotati etici che ci siamo dati sarebbe un modo attraverso il quale la M. potrebbe distruggere quello che faticosamente avremo costruito. Occorre tenerlo presente e pensare ad una strategie per evitare di essere ricattabili.
Con la C. le cose sono diverse. Abbiamo molte cose in comune nelle quali crediamo, molti di noi in modo più o meno sofferto si sentono parte della C. Se il percorso che stiamo facendo vuole essere politico è necessario aprire una riflessione sulle questioni esistenziali, perché se e quando dovessimo essere rappresentati politicamente il rischio che alla prima votazione su queste questioni tutto si sciolga è troppo alto.
Arrivo infine ad un altro nodo che credo debba essere sciolto. Voglio condividere con voi una preoccupazione, che è insieme un progetto politico.
Nel frattempo che noi costruiamo una società partecipata quanti dei problemi che condizionano la nostra vita, e condizioneranno quella dei nostri figli, saranno risolti?
L’urgenza non ha mai dato buoni consigli, ma nel contempo occorre fare i conti con una sana dose di realismo. La costruzione di una società partecipata è un progetto politico di lungo termine, bisogna saperlo declinare in iniziative anche a breve e medio termine. Noi crediamo che il fine non giustifichi i mezzi, mentre affermiamo questa verità dobbiamo anche essere capaci di riconoscere che i mezzi sono frutto di un percorso, e che l’obiettivo della politica è creare strumenti, magari non perfetti, ma che ci permettono di muoverci verso una direzione. Se riuscissimo a superare la logica del “tutto-mai” (opposta a quella della politica attuale “niente-adesso”), forse potremmo riuscire a conciliare i tempi lunghi che necessita la costruzione di una società partecipata con le urgenze che comunque è bene che qualcuno di noi inizi a poter affrontare praticamente.
Nelle agende della classe politica, di quella attuale, ma per le ragioni sopra elencate anche di quella dei prossimi anni, non c’è spazio per una politica responsabile nei confronti dell’ambiente, una politica capace di creare lavoro, una politica che investa nella cultura e nella educazione, una politica che sappia guardare non in termini speculativi ma cooperativi il mondo. La M. ha bisogno di una classe politica che gli permetta di fare soldi: discariche, poca istruzione e lavoro per assoldare mano d’opera.
Se ci limitassimo a guardare casa nostra, ops. cosa nostra, non c’è futuro, però in Europa non è ovunque così. In altri stati d’ Europa il movimento verde sta avendo un successo fino a qualche anno fa insperato. I verdi europei non hanno nulla a che vedere con quelli italiani. Quello dei verdi in nord Europa è un successo che va al di là delle capacità dei loro leader, e nasce dall’aver dato risposta ad una domanda che molti cittadini europei si stanno facendo. In un mondo globalizzato, dove la mano d’opera, le risorse arrivano dall’Asia, dall’Africa e dall’America presto anche l’ultima delle leve del potere, la finanza, non sarà più patrimonio Europeo, e con essa cesserà la nostra capacità di consumo, che in fondo è stata la nostra ragione d’esistere degli ultimi 50 anni. Nel mondo che sara’ i cittadini europei che ruolo potranno avere? Che lavoro potranno fare i nostri figli?
Noi sappiamo che uno stile di vita sobrio abbinato alle tecnologie pulite, ci potranno permettere d’affrontare le sfide future. Questo rappresenta il patrimonio sociale, produttivo e di conoscenze dell’Europa. Ma se questo risulta vero per la Germania, purtroppo non lo è per l’Italia. Dietro al successo del movimento verde nel nord Europa c’è l’economia sostenibile. Se riuscissimo a promuovere stili di vita sobri, sostenendo l’economia sostenibile allora potremmo dare vita ad un nuovo progetto politico anche in Italia. La costruzione di un progetto politico passa attraverso la capacità di promuovere dei diritti/doveri  e l’identificazione d’interessi da tutelare. Insomma, essere verdi senza diventare “i verdi” e dialogare con la C. senza diventare la nuova DC in Italia è un luogo della politica che aspetta qualcuno per di essere occupato.