lunedì 4 luglio 2016

Viola ha fatto la sua festa di fine anno con tanto di luci psiche e dzump-dzump. Io ho fatto la mia figura di merda.
Prima di accompagnarla alla festa
passo da casa, mi cambio e mi metto comodo, jeans e camicia, i sandali li metto anche in ufficio.
La festa è in una casa di una amica di Viola, Marie, e come dice la zia Manuela è una casa modello Beverly Hills. Per la serata io e il mio amico Joe, papà di Mayia, amica di Viola, siamo stati ingaggiati come vigilantes. Giustamente i genitori di Marie non ne vogliono sapere di controllare 20 adolescenti che ballano e giocano intorno alla piscina. Quindi Chiara mi offre come volontario, ed io ovviamente accetto. No vigilantes => no festa, e dato che Viola ci tiene occorre che qualche pirla faccia il vigilantes => io pirla. Sinceramente quando mi è stata fatta la proposta eravamo a cena, e la proposta terminava con un punto esclamativo e non interrogativo: "dato che serve un pirla, che vada a casa di gente che non conosce, a controllare degli adolescenti che non ha mai visto, abbiamo pensato che tu eri adatto!". Di fronte ad un allettante invito come questo non ho saputo dire di no. Ho solo messo una condizione, quella d'andarci con Joe. Joe è americano, viene dal Colorado, Joe è assolutamente smart. Con questa mossa sono certo che lui dirà che non può e quindi ne esco in bellezza, io da solo non ci vado. Joe però accetta, pensa Gianluca è italiano ed é assolutamente smart, se ha accettato ci sarà un buon motivo. Cosí come due giocatori di poker alle prime armi rimaniamo praticamente in mutande, fregati, ingaggiati a fare i vigilantes in una festa di adolescenti senza poter nemmeno bere una birra.
Arrivato da Marie posteggio il mio doblo colore argento tra un banale Porche Cayenne, ed una rumorosa Maserati.
Viola viene accolta dalle sue amiche e quindi si dilegua, io mi ritrovo a dover portare i dolci che Chiara ha amorevolmente preparato con le sue mani in casa di Marie.
Mi riempio di vassoi e mi dirigo verso la villa attraversando il giardino, ops parco.
Arrivato nei pressi della casa, la porta d'ingresso è aperta, cerco di farmi sentire, annunciare, ma nessuno mi risponde. Così entro nell'atrio della casa, le cui dimensioni sono paragonabili ad un appartamento.
Saranno i vestiti che porto, o i vassoi che ho in mano, ma la padrona di casa, nonché mamma di Marie, con uno spiccato accento francese mi dice in portoghese "può posare i vassoi in cucina!". È evidente che mi ha scambiato per qualcuno del catering. Io eseguo gli ordini senza fiatare. Di lí a poco i miei sospetti vengono confermati. Due uomini stanno spostando grossi vasi, la padrona francese mi chiede se posso aiutarli, lasciando intendere che ci sarebbe in ballo una lauta mancia. Mi rimbocco le maniche. A salvarmi da uno stiramento lombale c'è Viola. Quando ricompare mi saluta, così la padrona capisce che io non ero uno del catering ma il padre d'una compagna di classe. La mamma di Marie si scusa e chiama Philippe, il marito di 20 anni più vecchio di lei. Mi presenta come il padre di Viola che lui finge di ricordare. Intanto quelli del catering hanno sistemato il vaso da soli, mi sento in colpa ma anche sollevato. Per cavarci dall'imbarazzante situazione cambio discorso, chiedo da dove vengono, lui da Parigi, lei da Ginevra. Cosí dico la prima cosa che mi viene in mente, "Ginevra è  bellissima!" e aggiungo "abitavamo vicini!". Le racconto che io vengo da un lago più bello, quello di Como. Lei s'affretta a farmi un indovinello, mi chiede d'indovinare in quale hotel le piace stare quando viene sul lago, io ci penso e dimostro tutta la mia inadeguatezza rispondendo "Imperialino!", lei mi guarda e sorridendo mi dice "ma no mon cheri ... villa D'Este'".
A questo punto guarda il marito e fa partire l'ultimo colpo contro la mia vita da classe media. Dice a Philippe quanto siamo stati carini a fare i muffin in casa. Lo dice come Malinowski avrebbe potuto etnograficamente raccontare le usanze desuete d'una tribù di un'isola nel pacifico occidentale, intanto quelli del catering ingaggiati per la festa di fine anno stanno completando l'installazione.
Sono alla corda, asfaltato da un mondo che orgogliosamente non mi appartiene, quindi non ho piu niente da perdere e tiro fuori l'asso dalla manica, spiazzando gli aristrocratici francesi, dico che è arrivato il momento che io vada, e che se non gli dispiace ... insomma ... voglio dire ... alludo con chiarezza alla lauta mancia. Il ricco francese visibilmente spiazzato sta per mettere mano al portafoglio, così lo guardo, e sorridendo gli dico che per questa volta non fa niente. Mi sorride e con fare signorile mi dice che ha seguito la scena, e che comunque non mi avrebbe dato un euro, dato che io i vasi alla fine non li avevo spostati. Ci facciamo una grassa risata, e mi dispensa dal dover stare a controllare i ragazzi, per questa volta ci pensa lui. Secondo me era preoccupato che gli potessi chiedere il conto.