Tra il 2008 e il 2015 Atene è messa a fuoco e fiamme, una crisi economica senza precedenti compromette il benessere di molti greci. Le drammatiche scene delle manifestazioni di piazza sono accompagnate dalla speranza che qualcosa possa cambiare. Atene sembra essere il laboratorio per una nuova Europa, meno finanziaria più politica. Il quartiere di Exarchia rappresenta uno dei centri di questo laboratorio. Da un paio d'anni la Grecia non è più sulle prime pagine dei giornali. Sono ad Atene per lavoro così vado a vedere ad Exarchia cosa è rimasto.
Più ci si addentra in Exarchia e più tre fattori appaiono evidenti: la polizia sparisce, i graffiti sulle case aumentano (caratteristica comune a tutta la città), e soprattutto le creste colorate diventano un elemento costante del paesaggio urbano, tanto che qui la mia ricca capigliatura non si nota.
Attraverso Exarchia la sera, nel cuore del quartiere c'è una sorta di selva Locandona (la casa del sub-comandate Marcos in Chiapas). Si deve attraversare vie buie con una folta vegetazione per arrivare in una piazzetta dove musica, bancarelle e numerosi ragazzi se la raccontano.
Di fianco a me seduto su un muretto c'è un ragazzo che si sta rollando una sigaretta, così attacco bottone e con mia sorpresa scopro che è italiano. Mauro è venuto ad Atene intorno al 2009 con la sua ragazza, lei se n'è andata dopo qualche anno, lui è rimasto. Mauro ha una cresta da paura. Gli offro una birra e iniziamo una interessante conversazione su Exarchia. Mauro è deluso, sperava che in Grecia le cose potessero prendere una piega legata a pratiche di autogestione. Sperava che la Grecia uscisse dall'Europa e si potesse costruire una società più "conviviale". Gli chiedo in quale delle due anime del pensiero anachico lui si riconosce, quella sociale o individuale. Mi guarda storto, mi dice che lui non è interessato a categorizzazioni. Mauro è un tipo tosto, uno di quelli che non si preoccupano di dover piacere e dicono le cose come le pensano.
A me sti chiarimenti sono costati già due birre e vado a prendere la terza.
Mauro mi sembra si stia rilassando così mi spiega come è iniziata la rivolta di Atene. Era il 6 dicembre 2008 e la Grecia ufficialmente godeva di discreta salute. L’allarme sui conti truccati fu chiaro solo qualche mese dopo, nella primavera del 2009. Ma Atene cominciò a bruciare prima. Una macchina della polizia avventuratasi nel centro di Exarchia venne accolta a insulti e forse qualche bottiglia. Un poliziotto scese, sparò e uccise Alexandros Grigoropoulos, di 15 anni. Per notti intere il centro di Atene venne messo a soqquadro.
Mauro sorride e aggiunge "Allora fu chiaro anche a molte persone estranee ai nostri metodi di lotta che non era abbastanza protestare, occorreva ribellarsi".
Per Mauro il laboratorio di Atene ha un inizio e purtroppo una fine.
L'inizio è ottobre 2009 quando Il governo socialista di Georges Papandreou scatena la crisi del debito in Europa innalzando la previsione del deficit pubblico dal 6 al 12,7 per cento.
La fine è il 25 gennaio 2015, quando Syriza, il partito guidato da Alexis Tsipras, vince le elezioni legislative promettendo di rinegoziare il piano di salvataggio e di porre fine alla politica di austerità che ha provocato un crollo del pil del 25 per cento e la disoccupazione per un quarto della popolazione. "Tsipras ha tirato giù la saracinesca del laboratorio di Atene" dice Mauro, "ha illuso i greci che ce la potranno fare anche loro un giorno a diventare un Paese ricco come la Germania. Un Paese dove la vita tranquilla di un te preso con i tuoi vicini all'ombra di un portico, possa essere sostituita da un caffè preso da solo in un Starburks davanti un iPhone".
Mauro si guarda in giro ed aggiunge "li vedi quelli seduti ai tavolini dei bar di questa piazza?" Pausa. "Sono turisti, è il segno del nostro fallimento!". Un sorso di birra lungo tutta la lattina e conclude "Se in un posto ci sono più persone con infradito e mojto, che quelle con anfibi e birre, allora non ci può essere speranza per un mondo più conviviale".
È arrivato il momento di salutarci, per non sbagliare prima di andarmene ordino un'altra birra, ma io rigorosamente in sandali.