Prendo il volo Catania-Lampedusa. Sono sull'aereoplano e sto aspettando il mio turno per sedermi, dietro di me c'è un vecchietto. Mi sorride e mi dice in un italiano siculizzato "Eh... ma come è possibile che sono l'unico lampedusano su 'sto volo?!?!". Lo guardo e gli dico "tanti, troppi turisti" e lui mi risponde "magari ... qui è pieno di poliziotti".
Lampedusa è frontiera.
Non è una frontiera qualunque, è quella che divide l'Europa dal resto del mondo. È una frontiera che segna la possibilità di avere un futuro, con la certezza di voler dimenticare il passato.
Geograficamente è più a sud di Tunisi, di Algeri. È sull'altra placca, quella africana. È sotto Malta. È a solo 100km dalla Tunisia, la Sicilia è più lontana, dista 300km. Lampedusa è piatta, brulla, con poca, quasi senza, vegetazione. Ha delle calette da brivido con acqua turchese. Lampedusa ha circa 6.000 abitanti.
A Lampedusa ci vado per lavoro ma voglio capire. Il comandante Malga mi fa un regalo. Nei giorni in cui staremo sull'isola mi farà conoscere Lampedusa, i suoi eroi, le sue contraddizioni. Lui qua ha iniziato a volarci nel 2011 durante la primavera araba, ci ha continuato a volare nel periodo caldo, intorno al 2013, e adesso ritornerà a volarci in una forma strana, diversa. Il comandante Malga a Lampedusa conosce tanti, forse ha imparato anche a conoscere meglio se stesso.
A Lampedusa tutti si salutano con "scia'", che significa fiato, il fiato dell'altro dentro di me, che è il mio fiato, è la mia vita.
Non male per gente che di vite difficili, spezzate, ne ha viste tante, troppe.
Ma Lampedusa ha anche un'altra faccia, quella che pretende normalità. Fare quattro chiacchiere con gli amici davanti una birra. Una buona cena a base di pesce senza l'angoscia di dover uscire in mare a salvare qualcuno facendo rotta a sud.
Queste lampeduse sono il comandante Calogero, emblema di chi si è speso per soccorrere i migranti quando nessuno ancora aveva capito cosa stava succedendo, e che adesso ha bisogno di curarsi le ferite uscendo a vela con la sua marmelade. Una barca di 8 metri, di legno che ha recuperato alla deriva e curato asse dopo asse come se fosse la sua anima.
Credo che Calogero si possa raccontare con questo episodio. Calogero non ha ricevuto medaglie per i tanti soccorsi a mare che ha fatto, e quando il suo comandate gli chiese perché non le avesse chieste, lui rispose che le medaglie non si chiedono, ma si ricevono.
Lampedusa è anche Salvatore, uno dei figli di Calogero, un bambino di 12 anni che appena può va a Cavallo Bianco in bicicletta, la zona in cui c'è l'aeroporto. A Salvatore piacciono gli aerei, forse un giorno vorrebbe volare via da quest'isola, lui per adesso li guarda atterrare e decollare, conosce tutti i modelli. Una sera a cena Salvatore mi mostra le riviste di aereonautica che si è comprato.
A Lampedusa ci sono le elezioni. Ci sono tutti i tipi di candidati. C'è Cettola Qualunque, c'è anche chi rivendica quello che è stato fatto nei 5 anni passati, chi è contro, e chi è contro a chi è contro, che non significa essere a favore, perché se fosse stato lui a doverlo fare lo avrebbe fatto diversamente e meglio. L'Italia è un Paese di statisti a cui piace essere governati da imbecilli. La sera i lampedusani si trovano in piazza a sentire i comizi. È un modo per passare una serata. Forse è anche per questo che in Italia ci sono sempre le elezioni. Angela, la moglie di Calogero è coinvolta da queste elezioni, vorrebbe altri 5 anni di buon governo dove le logiche mercantili del voto potessero essere definitivamente sepolte, e i progetti completati.
Lampedusa è anche Bartolo. Il padre di Angela, pescatore per passione. Il pesce che mangiamo la sera in cui siamo a cena da Calogero l'ha pescato lui. È stato in mare 2 giorni con suo cugino. È andato lontano e ha pescato cernie, sgombri, e molti altri pesci di cui io ignoro l'esistenza, ma quella sera a casa di Calogero mangiammo gli occhioni fatti con i capperi che a Lampedusa sono una delizia.
Bartolo ha le idee chiare su come si devono aiutare queste persone, i migranti. Non è una questione di politica, ma d'umanita. Lampedusa è un'isola isolata che però è in mezzo al Mediterraneo e sin dalle guerre puniche è stata un posto di passaggio per molti. Questa cosa rende la sua gente capace di un modo di pensare grande, paradossalmente aperto, forse semplicemente saggio.
Prendo il volo Lampedusa-Palermo, ed è pieno di turisti. Infatti Lampedusa è anche lo struscio di via Roma, l'abbronzatura nelle caletta dell'isola dei conigli, cocktails e musica dzump, dzump, dzump. Ma queste cose non fanno di Lampedusa una frontiera. Non rendono quest'isola unica e non fanno giustizia alla sua gente.
Poco prima di questa missione di lavoro a Lampedusa incontro ad una fiera del libro a Varsavia Paolo Rumiz, venuto a presentare i suoi libri e ricordare Kapucinski. Rumiz di frontiere se ne intende, le ha raccontate in tanti libri. Gli chiedo un'opinione su una frontiera che non ha mai raccontato, quella di Lampedusa. Mi dice qualcosa che lentamente sta prendendo forma e senso anche per me. La frontiera è una cosa naturale, il nostro corpo è una frontiera. Rumiz si definisce un inguaribile amante della frontiera, studiarla, cercare di capirla, aiuta a capire chi sei. Un mondo senza frontiere è un mondo che non vale la pena di essere attraversato. Abbattere le frontiere significa privarci della possibilità di poterle attraversare.
A Lampedusa si sta correndo il rischio di volerla nascondere questa frontiera. Far finta che non ci sia, che è anche peggio che abbatterla. Senza la frontiera a Lampedusa, l'Europa corre il rischio di perdere l'orientamento, non sapere chi è e dove vuole andare.
A Lampedusa sono venuto a cercare una frontiera e l'ho trovata, e sarà così fino a quando gli aerei saranno più pieni di poliziotti che di creme da sole. Anche se ho la sensazione che sarà ancora per poco.