mercoledì 28 marzo 2018

Per queste vacanze di Pasqua andiamo in un posto che non si può nominare.
Alla frontiera, quando la polizia di confine ci chiederà dove siamo diretti, ci consigliano di non nominare i Territori che visiteremo.
Quando poi abbiamo detto che sui nostri passaporti c'è il timbro dell'Iran, persone che ci sono state hanno sorriso augurandoci buona fortuna. Passeremo le vacanze in aereoporto, e se mai dovessero farci passare, ai checkpoint.
L'anno scorso incontrai ad una fiera del libro a Varsavia Paolo Rumiz, venne a presentare i suoi libri e ricordare Kapucinski. Rumiz di frontiere se ne intende. Ci disse una cosa che lentamente sta prendendo forma e senso anche per me: "Le frontiere sono cose naturali, il nostro corpo è una frontiera. Studiare le frontiere aiuta a capire chi sei. Un mondo senza frontiere è un mondo che non vale la pena di essere attraversato. Abbattere le frontiere significa privarci della possibilità di poterle attraversare".  Rumiz si definì un inguaribile amante delle frontiere.
Le frontiere che attraverseremo a Pasqua  sembrano raccontare il sogno di una terra promessa trasformato in incubo.
Io questa frontiera non la capisco, forse per questo non vedo l'ora di attraversarla.