Quando ho conosciuto il comandante Malga è stata amicizia da subito, ho capito che c'era intesa. Era dicembre e c’eravamo dati appuntamento in un pub nella gelida Varsavia. Fuori dal pub faceva freddo, le mani gelavano al tempo di una sigaretta, dentro invece c'era un caldo tropicale, scaldava i pensieri. Ordinammo da bere, ma lui fece fatica a finire la sua birra, in mare, negli anni in cui aveva soccorso i migranti, aveva perso lo stomaco.
Io e il comandante eravamo stati assegnati allo stesso progetto dall'agenzia per la quale lavoravamo, lui aveva l'esperienza operativa e io gestionale. Con aeroplani che avevano una camera ad alta risoluzione nella scocca dovevamo pattugliare il confine sud dell'Europa nel Mediterraneo centrale, vicino alla Libia per intenderci. I filmati dovevano essere distribuiti in tempo reale a diverse centrali operative dislocate in Europa. Lo scopo era quello di migliorare il controllo delle frontiere, e aiutare le operazioni di salvataggio delle persone in pericolo (chiamate tecnicamente SAR - Search And Rescue).
Quando finimmo di bere decisi di tornare a casa camminando, una lunga passeggiata al freddo da Nowogodrva a Nowiniarska. Mi piace camminare al freddo, sentire la punta del naso che gela. Mentre camminavo rimuginavo le cose che c'eravamo detti. Prese corpo un pensiero: mi sarebbe piaciuto che il progetto a cui stavamo lavorando potesse essere un tentativo disperato di far recuperare lo stomaco al comandante Malga, ma soprattutto un disperato tentativo di non far perdere la coscienza a tutti noi.
Siccome si ha la tendenza a pulire la coscienza accorciando la memoria, io e il comandante quella sera decidemmo che volevamo provare ad invertire la rotta.
In un'epoca nella quale le immagini hanno un ruolo fondamentale per documentare e condividere gli eventi che stiamo vivendo, il nostro lavoro avrebbe dovuto aiutare a creare una memoria condivisa sull'epopea dei migranti.
Ce lo siamo detti davanti alle birre nella fredda Varsavpia, e lo abbiamo ripetuto in diverse occasioni, soprattutto quando le questioni burocratiche e politiche sembravano ostacolare il nostro lavoro.
Quella sera ci lasciammo con un pensiero che ha guidato il nostro lavoro. Fu il comandante a dirlo mentre ci stavamo frettolosamente salutando fuori dal pub "La seconda guerra mondiale ha gettato le fondamenta della casa comune europea, i migranti ci potrebbero aiutare a costruire il tetto".
[capitoli pubblicati: http://breva-tivano.blogspot.com/search/label/ConLaTestaSottoIlMare]
Io e il comandante eravamo stati assegnati allo stesso progetto dall'agenzia per la quale lavoravamo, lui aveva l'esperienza operativa e io gestionale. Con aeroplani che avevano una camera ad alta risoluzione nella scocca dovevamo pattugliare il confine sud dell'Europa nel Mediterraneo centrale, vicino alla Libia per intenderci. I filmati dovevano essere distribuiti in tempo reale a diverse centrali operative dislocate in Europa. Lo scopo era quello di migliorare il controllo delle frontiere, e aiutare le operazioni di salvataggio delle persone in pericolo (chiamate tecnicamente SAR - Search And Rescue).
Quando finimmo di bere decisi di tornare a casa camminando, una lunga passeggiata al freddo da Nowogodrva a Nowiniarska. Mi piace camminare al freddo, sentire la punta del naso che gela. Mentre camminavo rimuginavo le cose che c'eravamo detti. Prese corpo un pensiero: mi sarebbe piaciuto che il progetto a cui stavamo lavorando potesse essere un tentativo disperato di far recuperare lo stomaco al comandante Malga, ma soprattutto un disperato tentativo di non far perdere la coscienza a tutti noi.
Siccome si ha la tendenza a pulire la coscienza accorciando la memoria, io e il comandante quella sera decidemmo che volevamo provare ad invertire la rotta.
In un'epoca nella quale le immagini hanno un ruolo fondamentale per documentare e condividere gli eventi che stiamo vivendo, il nostro lavoro avrebbe dovuto aiutare a creare una memoria condivisa sull'epopea dei migranti.
Ce lo siamo detti davanti alle birre nella fredda Varsavpia, e lo abbiamo ripetuto in diverse occasioni, soprattutto quando le questioni burocratiche e politiche sembravano ostacolare il nostro lavoro.
Quella sera ci lasciammo con un pensiero che ha guidato il nostro lavoro. Fu il comandante a dirlo mentre ci stavamo frettolosamente salutando fuori dal pub "La seconda guerra mondiale ha gettato le fondamenta della casa comune europea, i migranti ci potrebbero aiutare a costruire il tetto".
[capitoli pubblicati: http://breva-tivano.blogspot.com/search/label/ConLaTestaSottoIlMare]