martedì 15 agosto 2023

Il 4 agosto 2020 intorno alle 18:00 due esplosioni al porto di Beirut devastano la città. Le esplosioni vengono sentite fino a Cipro, è stata considerata la più grande esplosione dopo le bombe di Nagasaki e Hiroshima, gli edifici intorno al porto sono stati sventrati, più di 200 persone hanno perso la vita. 

Riwa, una amica libanese di Viola, ci invita alla manifestazione per ricordare l’evento. Dice essere una manifestazione contro la classe politica di questo paese, incapace e corrotta. Alle 16:00 ci troviamo alla stazione dei pompieri, quelli che furono allertati dopo la prima esplosione e persero la vita giunti sul luogo a causa della seconda esplosione, molto più potente della prima, creò un cratere di 43 metri. 

La manifestazione è controllata dall’esercito. L’esercito in Libano è ovunque, c’è sempre qualcuno con la mimetica che ti osserva, qualche volta da in cima ad un carrarmato. 

La marcia è seguita da qualche centinaia di persone, al collo delle persone che manifestano vedo tante croci. Quella che doveva essere l’occasione per un reset apartitico e aconfessionale mi sembra si sia trasformata in una manifestazione di una parte. Dopo anni di indagini ogni volta che un giudice scopriva un pezzo di verità veniva sostituito adducendo ogni scusa possibile, l’ultimo giudice fu sostituito per un conflitto d’interessi, sua moglie ebbe la casa distrutta dall’esplosione, a Beirut tanti ne hanno subito le conseguenze. 

Chiedo ad un amico libanese di Viola presente alla marcia perché è qui, lui spera ancora che le cose possano cambiare, ma dice di essere sempre più disilluso. Solo 2 anni fa erano in migliaia e venivano da tutte le parti del Paese a questa manifestazione, adesso sono solo qualche centinaio. È una società rotta, sospesa, in attesa che qualcosa accada. Forse è solo la società in cui risulta essere più evidente che non sappiamo più dialogare, siamo tutti imbrigliati in logiche di parte.

La guerra civile che ha insanguinato il Libano per 15 anni è forse l’emblema di questa situazione. L’esplosione del porto una drammatica conseguenza. 

Ovunque il dibattito politico si sta polarizzando, in ogni paese, dalle dittature illiberali alle democrazie liberali non si è più capaci di ascoltare le posizioni degli altri, di fare sintesi e creare nuove sinfonie. Ognuno suona il proprio strumento, alza il volume, ed esce una cacofonia. 

Il modello Libano non mi convince. Non credo che proteggere le proprie origini significhi creare enclavi. Fare in modo che le persone non si mischino. La capacità di dialogare, di considerare il parere delle minoranze è speranza. Discutere, mediare senza scendere a compromessi è un arte che richiede molta più consistenza, intelligenza, preparazione e forza di quello che siamo abituati a considerare. Non ne siamo più capaci, abbiamo perso perfino il gusto, ammirazione per chi ne è capace. 

Tra pochi minuti l’elettricità finisce, torna il caldo e il rumore di sottofondo dei generatori per garantire l’apparenza, il muezzin pregherà ma sarà solo un altro rumore sopra i clacson dei taxi che non smettono mai di suonare, così Beirut continua ad emettere la sua cacofonia fatta di enclavi, sette, religioni, partiti.