Premetto che in questi ultimi tempi sto
attraversando un periodo, ormai troppo lungo, in cui nutro un profondo senso di
rabbia, per quella continua e progressiva disattenzione nei confronti del senso
di giustizia che ho maturato negli ultimi anni. Tutto è relativo, e mi sforzo
nel capire le ragioni degli altri, nella speranza che il mio sia un parziale e
forse errato punto di vista. Poi penso alle attività di volontariato che
svolgo, oppure passo delle giornate con persone che ho conosciuto in condizioni
di "bisogno" e che ora sono diventate amiche, quel senso di rabbia mi
va alla testa. In questi anni il numero
delle persone in difficoltà è aumentato considerevolmente, senza trovare, non
dico adeguate, ma più semplicemente dei tentativi di risposta.
Alcune persone che mi sono intorno si sforzano di farmi notare segnali positivi. Mi sforzo di cercarli ma non riesco a vederli. Rimango sospeso fra la sete di giustizia ed un senso d’impotenza. Ho sempre pensato che la politica, nella sua forma più nobile, dovesse coniugare i sogni con l’azione; mai come in questo momento temo che di persone in grado di sognare ce ne siano purtroppo poche.
Mi fanno notare che la
campagna elettorale in corso potrebbe portare alcune forze politiche ad
incontrare le persone e i reali bisogni della città. Bene, staremo a
vedere! L'ascolto in politica, senza la possibilità o la volontà di
incidere realmente, è cosa pregevole, ma lo trovo di scarso interesse. Sono
stupito dalle forze di centro sinistra che in questi mesi non mancano di
ricordarci che "la speranza è quella di vincere ma è bene non
illudersi", non è sano realismo, ma un pessimismo che nega la speranza
(anche perché, è necessario fare programmi in cui ci si crede per poter vincere).
Occorre mettere energie, positività e non tatticismo e strategie da quattro
soldi. Sono allibito dai partiti di centro destra, che non mancano di
ricordarci che il vero motore è l’economia, come se dare vigore all’economia
significa risolvere tutti i problemi. E’ triste vedere relegato il profilo del
politico a quello di ragioniere. Mi chiedo se entrambi gli schieramenti hanno
veramente presente i problemi che vorrebbero risolvere. Problemi che non
esistono se non si riesce a dare per ognuno di essi un nome di persona.
Sarebbe bello che
qualcuno, sappia mettere a fuoco un progetto politico che sia vincente, perché
alla radice c’è un’attenzione all’uomo e a ciò che lo circonda. Di questi tempi
succede che al massimo esistono progetti politici il cui fine è la gestione del
potere, quindi che garantiscano la sopravvivenza o l’invincibilità di
un’aggregazione di partiti.
Sconsolato, mi ricordo
che esistono molti modi di fare politica e non c’è solo quella partitica.
Alcuni modi sono più incisivi, capaci di vere trasformazioni positive, perché
durature, di reali rivoluzioni. Mi riferisco, per esempio, al lavoro che in
questi anni è stato svolto dal Coordinamento Comasco per la Pace, non solo
durante il convegno ma soprattutto in occasione dei corsi del Centro di Civiltà
(nonviolenza, ecologia domestica, legalità, ecc...), di Oltrelosguardo film,
alle feste stagionali (asiatica, africana, europea, americana, ecc.. ) luoghi
nei quali permettere alle persone di costruirsi degli strumenti per elaborare
una propria coscienza critica. Sono persuaso che occorre abbandonare la
concezione secondo cui il processo politico è inteso come mobilitazione invece
che educazione, come espressione di leader carismatici invece che di cittadini
attivi, fino ad allora la politica, lungi dall’essere nuova, sarà la vecchia
statualità autoritaria infiorata di mera retorica.