martedì 22 luglio 2014

Varanasi luglio 2014
Siamo arrivati a Varanasi.
Essere a Varanasi non è un dettaglio. Era una delle ragioni del nostro viaggio.
Per andare da Khajuraho a Varanasi abbiamo impiegato 12 ore e 30 minuti di automobile. Abbiamo guadato torrenti, viaggiato sotto la pioggia battente del monsone,  percorso strade nel fango dove ogni 50 km abbiamo trovato un camion ribaltato, attraversato paesi di capanne e lamiere. Ma tutto questo è stato niente confronto alla malasorte della disposizione dell'equipaggio.
Per questo lungo viaggio toccava a Giovanni e Giacomo stare vicini nei sedili in fondo alla macchina.
Un Casino che abbiamo cercato di mitigare cantando, giocando ad un bastimento carico carico, istituendo una bisca clandestina, facendo giochi di matematica e inglese, e per finire meditando (scimmiottando i maestri giainisti Giacomo e Giovanni si sono messi nella posizione del loto in silenzio per un'ora, non so come possano essere riusciti).
Arriviamo a Varanasi dopo una pioggia battente di 5 ore. La città è allagata. Il pianale della macchina passa più volte sotto il livello dell'acqua. Purtroppo le guest houses vicino ai Ghat non sono raggiungibili. Il traffico è bloccato, ci infiliamo quindi in una zona squallida alla periferia di Varanasi.
Le tristezze di un viaggio. Ma proprio a Varanasi non può accadere. Così il giorno dopo riusciamo a muoverci in una guest house sul Gange.
Il Gange è uno spettacolo, arriviamo prima del tramonto.
Il Gange non è un fiume sacro, forse neanche un luogo di culto, il Gange è di più, è il Gange.
Contrattiamo un passaggio su una barca a remi e raggiungiamo via fiume il tempio di Shiva dove ogni sera dopo il tramonto si celebra una ricca cerimonia all'aperto per ringraziare mamma Gange.
Un'atmosfera incredibile.
Terminata la cerimonia si mette a piovere,  lasciamo la barca per infilarci nelle viuzze dietro ai Ghat. Le strette strade di Varanasi sono pullulanti di vita, vacche e sporcizia. Troviamo un posto abbastanza fetido, di quelli che piacciono a me, che fa solo masala dosa. Ce ne strafoghiamo 7.
Le puja del mattino sul Gange sono una cosa imperdibile. Ci svegliamo presto e ci incamminiamo lungo i Ghat. Ovviamente assaliti da quelli che vogliono venderci un giro in barca. Resisto fino al terzo offerente, così facciamo una corsa in barca anche di mattina fino al Manikarnika Ghat, dove avvengono le cremazioni.
Qui sembra che tutto accada, morte e vita, di fianco al lento scorrere del Gange, dove tutto passa.
Pensavo che Viola, Giacomo e Giovanni sarebbero stati scioccati da questo bagno d'umanita. Ma alla fine mi sono sembrati più integrati di me.
Viola alla mia affermazione "sono pazzi questi indiani" ha risposto "papà,  sono solo differenti".
Giacomo si è infilato nel Gange fino quasi a fare il bagno, quando gli ho fatto notare che era sporco, mi ha risposto "è sacro".
Giovanni, circondato perennemente da persone che chiedono rupie, quando gli ho chiesto di mettersi in piedi nel Gange per una foto, mi ha chiesto 50 rupie, abbiamo contratto per 30.
Cosi sul finire del giorno siamo seduti in riva al Gange. Giacomo e Giovanni fanno amicizia con dei bambini indiani ed improvvisano una partita a cricket. Nel frattempo si avvicina sorridendo un santone vestito di arancione con al seguito un gruppo di suoi studenti.
Mi dice che vedendomi ha sentito felicità, quindi ha voluto conoscermi. Così parliamo un po' e mi invita al suo tempio a 100 km da Varanasi. Mi dice una cosa che a Varanasi,  in riva al Gange vale di più: "vincere la paura della morte è una grande libertà per l'uomo, lo aiuta a vivere meglio". Ci diamo appuntamento nella prossima vita, forse allora anche per me gli indiani saranno "differenti", il Gange "sacro" e per farmi fare una foto chiederò 50 rupie, trattabili.