sabato 8 novembre 2014

Joana, una mia vicina di casa, al tempo della dittatura di Salazar viveva al Chiado, un quartiere centrale di Lisbona. Al Chiado c'era una delle prigioni di Salazar. Joana mi racconta che la moglie dell'ambasciatore brasiliano preoccupata per le grida che provenivano dall'edificio che poi sarebbe stato identificato come una prigione, chiese spiegazione all'allora governo fascista portoghese. Il quale governo le rispose che i rumori non erano grida di persone che venivano torturate, ma lo sferruzzare dell'elettrico 28 sui binari, il tram più famoso di Lisbona.

 Il 25 Aprile 1974 il Portogallo si libera della dittatura, così come l'Italia esattamente 29 anni prima. A Joana, quando le chiedi cosa si ricorda della dittatura, ti dice la paura. Al 25 Aprile puoi togliere tutto ma non puoi togliere che è finito un periodo in cui dovevi avere paura dello Stato.

Prima ancora che per la forma di governo, odio le dittature, di destra come di sinistra, perché fondate sulla paura. Se una persona finisce in galera per un reato, qualsiasi esso sia, e viene ucciso di botte, e con una sentenza viene sancito che praticamente è caduto dalle scale, il senso di quello che è accaduto con il 25 Aprile viene meno, occorre avere paura dello Stato in cui si vive.
Chi non si ribella a questo stato di cose vive con una testa rivolta a prima del 25 Aprile.

Quanto sopra è la parte fondamentale della vicenda di Stefano Cucchi, e del significato che ha per me. A questo voglio solo aggiungere una cosa che a confronto è un dettaglio, che comunque per me è rilevante, e definisce cosa dovrebbere essere lo Stato Aperto in cui vorrei vivere.

C'è uno Stato che ha la pretesa di educare, come un buon padre di famiglia, fascismo. Oppure c'è uno Stato che, come un buon insegnante, vuole renderci migliori, socialismo. C'è poi uno Stato che pensa a regolamentare, arbitrare, liberismo. Infine c'è lo Stato Aperto, che riconosce il valore delle persone e delle loro scelte, e quindi le responsabilità che queste comportano, ma senza la pretesa d'educare, controllare, o regolamentare lasciando che sia la vita a stupire o farci pagare il conto.
I primi tre Stati fanno leggi, diverse, ma producono leggi, alimentano lo Stato,  infatti credono nello Stato. Il quarto, riduce le leggi, crede nell'uomo.
Io credo sempre più in un mondo fatto di Stati Aperti.

La vicenda di Stefano ha anche un significato legato alla pericolosità di leggi inutili, che andrebbero tolte, perché non risolvono il problema che vorrebbero combattere. Credo che sia ipocrita pensare che mettendo in carcere spacciatori come Stefano eviteremo ai nostri figli di morire da vivi, di drogarsi. Saranno ben altre cose a far vivere i nostri figli: come li avremo tirati grandi, le compagnie che frequenteranno, la loro personalità, la capacità di far fronte agli insuccessi e le difficoltà. Perdersi con la droga è una conseguenza, non un fine.
Liberiamoci da questa legge. Stefano e' morto da vivo con la dipendenza, per non far morire i nostri figli da vivi, non è necessario mettere in carcere persone come Stefano.
Togliendo leggi non necessarie contribuiremmo a costruire lo Stato Aperto, e soprattutto a ridurre la possibilità chie ci sia uno Stato che fa paura, uno Stato Chiuso.