venerdì 15 maggio 2015

Maggio 2015

Se vuoi mettere a tacere tutte le critiche contro un'iniziativa di governo, come per esempio expo 2015, lasci che qualche stupido, e di stupidi ce ne sono in giro tanti, manifesti per le vie della città spaccando vetrine.
Il giorno dopo non si parla più di questioni fondamentali come i lavoratori sfruttati e sottopagati, gli appalti truccati, le infiltrazioni mafiose e la corruzione intorno ad expo 2015. Non si parla neanche di un tema così importante come il cibo, del ruolo delle multinazionali come causa della bio povertà, e della complessa relazione tra prodotti globali e locali. Non si parla più di queste cose, ma si parla d'un giovane delirante che viene nominato dai social network rappresentate di un mondo "alternativo" che di fatto non esiste.

 Così tutti ad accanirsi contro il mentecatto e quello che si vorrebbe che rappresenti, mentre quelli che avrebbero dovuto rispondere delle questioni fondamentali sono comodamente seduti nei loro divani a sfregarsi le mani.

Uno che di queste cose se ne intendeva era Cossiga. Cossiga ex Presidente della Repubblica, ministro degli interni in anni difficili, quelli di piombo, e membro dell'organizzazione segreta Gladio, ha detto il 23 ottobre 2008 in occasione di un'intervista ad Andrea Cangini sugli interventi della polizia contro le manifestazioni degli studenti: “Maroni [… allora ministro degli interni ... ] dovrebbe ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. […] Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri […] nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano […], soprattutto i docenti […] non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. […] Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!”.

Da un lato ci sono domande difficili, scomode, che fanno paura al potere, dall'altro gli stupidi che si dichiarano contro il potere, ma lo legittimano con il loro atteggiamento. In mezzo ci sono quelli che si sono fatti delle domande, alle quali non hanno ricevuto risposta, e che non riceveranno mai. Anzi ai quali si è fatto capire che è meglio che simili domande non se le facciano venire, soprattutto in pubblico.

A questo punto l'unica cosa che chi vuole governare deve fare è attribuire agli stupidi un'etichetta.
L'etichetta non deve essere necessariamente coerente con il contenuto, la cosa più importante è che deve essere funzionale a schiacciare gli avversari.
Un pensiero politico che il potere teme da sempre, perché intrinsicamente contro l'esercizio del potere è il pensiero anarchico. Tipicamente i governi quando non sanno come definire gli avversari sostengono che questi siano anarchici, e una parte degli anarchici si presta bene al gioco.

Ora, è indubbio che all'interno del variegato e multiforme arcipelago dell'anarchia c'è chi pensa di risolvere i problemi con la violenza. Ma chiunque abbia due nozioni di cosa sia l'anarchia si guarda bene dal fare di tutta l'erba un fascio, ci sono i nonviolenti, i libertari, gli anarco-pacifisti, ecc..  che con la violenza non c'entrano niente ma con l'anarchia tanto. Ovviamente questo è un esercizio che costa fatica, occorre andare oltre quello che il potere vuole che si sappia sull'anarchia, e si capisca, occorre informarsi. Ed oggi, riuscire a mettere in pista percorsi di formazione liberi è paradossalmente più difficile d'un tempo, veramente sovversivo.
Intendiamoci io non sono anarchico, per esserlo in questa epoca occorre essere forti, radicali, riuscire a vivere fuori dal sistema compiendo scelte che costano fatica nella quotidianità, dal cibo che si mangia (per esempio il vegetarianesimo), a come lo si produce (per esempio ľautoproduzione). Perché sono esattamente queste scelte quotidiane che annientano il nemico giurato dell'anarchia, il potere. Spaccare le vetrine invece, paradossalmente, lo alimenta.
Se poi insieme alle scelte si ha la forza di fare domande scomode, questo significa riuscire a cambiare le cose, fare politica. Credo che questa sia la vera forza dell'anarchia e l'unico percorso politico, ma anche personale, che valga la pena di essere fatto.