martedì 14 luglio 2015

Un grosso masso è sospeso in equilibrio precario su di una roccia.  Il Mount Kyaiktiyo (Golden Rock) è un luogo sacro per i buddisti, durante la stagione calda ci vanno a frotte a pregare. Una sorta di Lourdes per buddisti.
A me sinceramente l'idea di vedere un masso in equilibrio precario sembrava una perdita di tempo, così ho fatto in modo d'esercitare tutta l'autorità che possiedo per non andarci. Il resto della truppa, infuenzato dalla dissidente (Chiara), voleva andarci. Del resto occorre fare i conti tra le cose da vedere e i km. Per quanto 3 settimane in Myanmar possano sembrare tante (abbiamo incontrato molti turisti che stanno solo una settimana) se si vuole spendere due giorni per visitare un posto occorre essere convinti.
Quindi alla fine siamo andati a Kyaiktiyo.


Lungo la strada ci siamo fermati a vedere delle donne a coltivare il riso.
Abbiamo lasciato la macchina a bordo strada e abbiamo camminato lungo una risaia fino a raggiungere una palafitta, la casa di una famiglia.
Ho provato a tradurre questa scena alle nostre latitudini e longitudini. Mi sono immaginato nei panni di questa gente che si vede arrivare cinque stranieri in giardino, e mi sono chiesto cosa avrei fatto se fosse arrivata in casa mia una famiglia di birmani mentre per esempio stavo facendo l'orto.
Ora, se ai birmani fosse andata bene, avrei chiesto se avevano bisogno d'aiuto. Altrimenti li avrei salutati e continuato a fare l'orto, del resto sarebbe stato l'unico momento che avrei avuto a disposizione per portare avanti un po' il lavoro.
Invece una donna birmana ci viene incontro e ci invita a salire in casa, sulla palafitta, ci fa accomodare su delle poltroncine in bamboo e ci offre da bere. Comunicare è impossibile se non a gesti.  I ragazzi, la dissidente, ed io rimaniamo affascinati dall'incontro. Ci lasciamo con i soliti graditi sorrisi. Mentre stiamo per ritornare alla macchina uno dei figli ci rincorre, sto pensando a cosa posso aver perso, e lui mi porge un sacchetto di mango appena raccolti.
Così penso: chissà se io, le albicocche, gliele avrei date.

Kyaiktiyo è un posto particolare, oltre alla famosa roccia si gode di una bella vista sopra la rigogliosa foresta tropicale birmana. Per arrivarci occorre prendere un camion, sistemarsi tra famiglie birmane di pellegrini e monaci nel cassone dietro e infilarsi su per una mulattiera per una mezz'oretta di guida spericolata. Il camion parte solo quando è pieno, quindi aspettiamo un'ora all'andata e di più al ritorno. Questa cosa delle attese infinite sembra essere un tema ricorrente qui in Myanmar, bisogna rassegnarsi.
Il giorno dopo per colazione vogliamo mangiarci il mango dei nostri amici della risaia. La tipa della guesthouse sorride e ci spiega che non è il tipo di mango a cui siamo soliti pensare. Lo lava e ce lo porta tagliato a fettine da intingere in un intruglio piccante. Il mango è aspro, il contrasto con il piccante lo rende squisito.