sabato 18 luglio 2015

Da Yangon abbiamo preso un bus notturno per Kalaw. Di quelli che sparano tutta la notte orrendi video musicali a palla, tanto per capirci i video sono paragonabili ad Albano e Romina che cantavano "felicità". Per non farci mancare niente il nostro bus aveva il climatizzatore rotto, andava ad intermittenza, 20 minuti di freddo polare, 20 minuti di caldo tropicale.

A Kalaw siamo arrivati alle 5.00 am in quella che era considerata la città di villeggiatura dei britannici al tempo del colonialismo. La temperatura ci dà tregua, finalmente si sta bene.
Siamo a Kalaw per vedere se riusciamo a fare un trekking di un paio di giorni fino al lago Inle.
Piovono anche qui gatti e cani, ma appena smette riusciamo a girare per il meraviglioso mercato, così entriamo in un posto gestito da un simpatico ragazzo indiano con il quale ci accordiamo per il percorso del trekking. Il ragazzo è gentile e cordiale, a Chiara è subito simpatico, a me invece rassicura il fatto che non si ricordi d'aver mai portato una famiglia come la nostra a fare il trekking, e che abbia aperto l'agenzia da meno d'un anno :-(.
A Kalaw ci riposiamo della notte trascorsa in bus.
Il giorno dopo Raja, la guida di origini indiane, ci viene a prendere con un tuc-tuc e ci porta per campi. Raggiungiamo un piccolo villaggio sperduto tra le verdi colline birmane dal quale iniziamo a camminare. Il paesaggio è semplicemente meraviglioso. Ovunque persone chine a coltivare la terra con zappe o buoi, non un rumore di trattore, o di un qualsiasi altro mezzo meccanico. Il silenzio è interrotto solo dal canto delle donne nei campi e dallo scampanio dei bufali. A dire il vero anche da Giacomo e Giovanni che affiancano Raja e lo tartassano di domande. Alla sera Raja sarà esausto, per sua ammissione, per il lungo interrogatorio della giornata.
Attraverseremo diversi villaggi, divisi in una moltitudine di etnie che parlano differenti lingue e spesso non si capiscono. Raja ci racconta della difficile, ma per ora possibile convivenza tra le varie etnie. Un micro cosmo d'umanità, come dire che in fondo i problemi globali sono un fattore di scala, zoom-in = famiglia, zoom-out = canale di Sicilia, comunque le dinamiche sempre le stesse. Qui le persone sono proprietarie della terra che coltivano, un paio di volte a settimana passa un camion 4wd al quale vendono il raccolto.
Ci fermiamo a mangiare in un piccolo villaggio a casa d'una anziana signora. La palafitta in cui vive con altre 4 persone prevede al piano terra la stalla per i buoi, al piano rialzato una grande sala con solo un altare dove c'è Budda, e una cucina. La cucina ha nel mezzo, per terra, una lastra di ferro per bruciare la legna, e sopra un trepiede dove si cucina. Raja fa da interprete e ci facciamo raccontare un po' di vita della signora, e del villaggio. È incredibile pensare che c'è una fetta considerevole di persone a questo mondo, forse la maggioranza, che possa vivere in questo modo. La signora sorride, sembra contenta di vederci, guarda Giovanni, Giacomo e Viola e ride, chiede quanti anni hanno, cosa fanno, e ride. A me lei sembra una donna serena, che sa essere felice con poco, niente. Ci salutiamo e mentre stiamo per allontanandoci ci canta una litania, Raja dice essere una benedizione, a me è sembrata una cosa preziosa.
Lungo la strada verso il posto dove dormiremo ci fermiamo all'ombra di un pino a guardare un uomo che ara con il bue. Chiedo a Raja se ha studiato. Mi dice essere ingegnere meccanico. Sorridendo gli dico che ci sarebbe molto lavoro per lui. Mi spiega che per lavorare come ingegnere dovrebbe farlo per il governo, ma guadagnarebbe 150 dollari al mese, e che per ora preferisce fare la guida. In fondo è meglio così, perché se è vero che il primo che introdurrà un trattore in questo posto farà fortuna, è anche vero che l'equilibrio nel quale questa gente vive non potrà essere mai più lo stesso. Ovviamente, purtroppo, è solo una questione di tempo.
Dormiremo in una palafitta. La notte la trascorrerò insonne, troppi rumori d'animali a cui non sono abituato. Vuoi mettere la familiarità del rombo di una moto, rispetto all'annusare sbuffante di un bufalo sotto il proprio letto.
Visiteremo una scuola. In ogni posto in cui sono stato in questi anni, mi è sempre sembrato che sostenere il lavoro di una maestra fosse l'unica cosa per cui valesse la pena impegnarsi per costruire un mondo migliore.
Arriveremo al meraviglioso lago Inle. A me i laghi piacciono un casino. E con un viaggio su di una barca tipica del lago andremo a riposarci.
Il lago Inle vale il viaggio in Myanmar, racconta di vite sospese su queste palafitte sopra il lago. Putroppo la vita del lago Inle deve fare i conti con quelli come me con una nikon al collo. Quindi destinato a diventare sempre più vetrina e meno storia, un po' come la meravigliosa Venezia.