mercoledì 30 settembre 2015


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L'altra notte ho fatto un incubo.
Mi sono svegliato sudato e ho trovato Chiara che mi guardava preoccupata, forse infastidita.
A suo dire dicevo convulsamente "no, il curriculum no". Ho sognato che Giacomo stava scrivendo un curriculum, ed io quando lo scoprivo andavo su tutte le furie e mi mangiavo il pezzo di carta.
In un pranzo con Oscar da "Bella Ciao", una osteria italiana a Lisbona, ce lo siamo promesso, faremo il possibile per evitare che i nostri figli debbano scrivere un curriculum. È un fatto generazionale, i padri vorrebbero dare ai figli quello che loro non hanno avuto, oppure far si che evitino le cose brutte.
I nostri padri hanno lavorato perché noi non dovessimo prendere in mano il pennello, la zappa, oppure andare a lavorare in fabbrica. Noi dobbiamo lavorare per evitare che i nostri figli conoscano, lui, il curriculum.
Ridurre la vita, anche se solo quella lavorativa, ad un template è un atto disumanizzante. Passare 40  anni dietro una scrivania è triste.
Ma anche questa pena sembra essere finita. In quella che chiamano la società della conoscenza non c'è più spazio per i lavoratori a tempo determinato, quindi anche il curriculum come strumento per assumere qualcuno da mettere dietro una scrivania è finito. L'ottimo Simone mi ha suggerito un articolo davvero interessate che racconta come le cose nel mondo del lavoro stiano cambiando (https://www.che-fare.com/la-perdita-dello-standard-fantozzi/).
Tutti noi ormai dobbiamo diventare imprenditori di noi stessi. Vendere a caro prezzo ciò che sappiamo fare. I team si formano sulla base di un progetto, concluso il progetto tutti amici come prima.
Io la vedo un pò così: c'è una piazza, il web, ci sono i nuovi cafoni, i lavoratori della conoscenza, c'è il padrone, quello che la mattina va in piazza guarda i muscoli fa il prezzo e sceglie le persone per il lavoro del giorno.
Non so se il sistema dei contratti a tempo indeterminato fosse sostenibile, ma ritornare al lavoro a cottimo mi sembra una sconfitta della nostra società.
«In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo.
Questo ognuno lo sa.
Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra.
Poi vengono le guardie del principe.
Poi vengono i cani delle guardie del principe.
Poi, nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi vengono i cafoni.
E si può dire ch'è finito. »
(da "Fontamara" di Ignazio Silone)
In una delle mattine spese a fare una colazione lenta in una guesthouse a Yangon conosco un head hunter...calma, niente d'esotico, uno di quegli psicologi che assumono personale per grandi aziende. Lui è australiano ed è in Myanmar per vacanza. Parliamo del suo lavoro e di come vede le persone che prendono un anno sabbatico e vanno in giro per il mondo. Mi dice che se ad un colloquio dovesse scegliere tra due persone, la prima pluri-qualificata, con masters, lauree e certificazioni varie ma che non ha mai viaggiato se non in resorts, la seconda qualificata quanto basta ma che abbia viaggiato in giro per il mondo con lo zaino in spalla, lui non avrebbe dubbi, sceglierebbe me.
Sto mettendo da parte i soldi per quando i miei figli avreanno finito di studiare. Il mio regalo prima che inizino a lavorare sarà un volo nel posto più lontano. Una andata senza ritorno. Dall'altra parte del mondo ci sono le Chatham Island, sono in Nuova Zelanda. Waitangi con i suoi 690 abitanti è il centro più popolato dell'arcipelago. Io li spedisco a Waitangi e se vorranno tornare dovranno arrangiarsi. E se tornano, giuro, che gli faccio scrivere un curriculum, perchè a quel punto sara' la giusta punizione.