venerdì 16 ottobre 2015


I sogni per me sono tanto. Ho spesso scritto di sogni. La mattina quando siamo a fare colazione con Viola, Giacomo, Giovanni e Chiara spesso ci raccontiamo i sogni fatti nella notte appena trascorsa. Non mi interessa indagare, mi piace raccontare, raccogliere i sogni. Se sai raccogliere i tuoi sogni sai raccontarti chi sei. Così quando il mio amico A mi ha whatsappato il suo sogno, io l'ho alimentato, raccolto e, previa sua autorizzazione, raccontato. Per la precisione A potrebbe essere anche B o C, ma A è il primo e quindi è A, io invece sono G, G come rimbambito che sto a trascrivere questo sogno. E devo confessare che mi piacciono questi racconti tandem, costruiti insieme.

[A] Ciao Gianlu stanotte ti ho sognato. Stavamo organizzando una festa in montagna
[A] una situazione curiosa. Eravamo in Alta montagna ma verdissima tipo Chiapas. Le pendici dei monti che degradavano nella valle erano ricoperte di manifesti variopinti con figure di animali stilizzati. Tu stavi organizzando una festa con gli abitanti del luogo per celebrare non ricordo cosa. Forse questo me lo potresti dire tu
[G] Per molti era una sorpresa, per alcuni un felice ricordo, per me attesa. L'ultima volta che c'eravamo visti era tanto tempo fa. Quindi volevo accoglierti come un amico. E lí, in quei posti sperduti, remoti, dove la vita ha un valore ancora crudo, l'amicizia è un sentimento genuino, e quando si presenta una occasione va celebrata.
[A] Gli animali dipinti venivano animati con rudimentali meccanismi che permettevano soltanto un movimento alternato. Ma nella semplicità era ipnotico e accompagnato dal canto monotono e dal battito delle mani e dei tamburi. Le donne si dipingevano i volti disegnando i volti di altre donne cui volevano assomigliare. I bambini si nascondevano perché avevano paura. Io ti stavo vicino e mi raccontavi.
[G] Ti dicevo che se potessi rinascere vorrei fare il bambino, almeno un po' più a lungo di quello che ho dovuto fare in questa vita, perché avere paura è tipico di un bambino, e solo chi ha avuto paura può un giorno disegnare il volto di altre donne cui vorrebbero somigliare, con la serenità d'essere immune dall'invidia o dalla gelosia.
[A] Ed io non capivo. Perché da adulto riconosco le paure, ma da bambino non ci riuscivo. Piangevo e mi nascondevo ma non vedevo il carnefice e non identificavo la vittima. Ti stavo vicino e ti chiedevo di guidarmi. Volevo rivedere le mie mani. Quelle che sminuzzavano i volti sulle pagine dei giornali. Per ricostruirne altri come avevo visto nel film Frankestein. Che mi faceva tanta paura.
[G] Era come se non ci fosse niente da capire e nel contempo tutto fosse chiaro. Bastava lasciarsi andare, scendere nella valle, entrare nel suono del ritmo ripetitivo. Era proprio cosí, nel momento preciso in cui ci si libera della paura non ci sono più né carnefici né vittime, o forse il suo contrario. I carnefici e le vittime sono solo il frutto delle nostre paure.
[A] E d'un tratto mi assalì la fame. ci incamminammo sotto un tendone dal quale si innalzavano fumi e vapori accompagnati da Gino che si era autoproclamato il tuo migliore amico. Volevamo mangiare e bere, carne pesce e vino rosso in grandi boccioni di vetro. Seduti su una panca con un grande piatto di arrosti e grigliate. Mangiando con le mani e ungendoci le labbra. Non ci ricordavamo di noi e di quello che eravamo. Eravamo carne e vino.