domenica 24 gennaio 2016

Siamo a cena e, come la tradizione italiana impone, si sta seduti a tavola, è una occasione per raccontarsi come vanno le cose.
Dai giovani membri della tribù ci viene fatto presente che nelle più moderne famiglie dei loro compagni la cena si consuma davanti ad un frigorifero.
Ogni membro della famiglia lo apre, e si nutre mentre fa qualcosa di "costruttivo" come leggere, vedere un film, suonare uno strumento, perfino giocare con la play station. Chiara vede un chiaro tornaconto, è allettata dalla prospettiva di non dover cucinare, ma facendo leva sulla sua tenacia la questione è risolta. Sebbene la fase della vita dei mostri prevede spinte separatiste, al momento cerchiamo di tenere il timone diritto, si mangia a tavola davanti ad una buona minestra (punto).
Così per esempio chiedo quali sono i prossimi appuntamenti importanti a scuola. La risposta è disarmante:  la partita di calcio di mercoledì, il ritorno di Maiya  dalle vacanze, la gita di fine mese. Mi rendo conto che la questione era stata mal posta, io intendevo test, esami, ricerche. Riformulo quindi la domanda e sorprendentemente nessuno sa quando ci sarà il prossimo compito in classe, peggio, con naturalezza mi viene fatto notare che è scritto nel diario.
Stupito, racconto che quando andavo a scuola io, nello scorso millenio, i test erano appuntenti temuti a cui bisognava arrivare preparati. I risultati condizionavano la nostra vita, alcune volte persino quello che avremmo potuto ricevere in regalo per Natale.
I giovani membri della tribù sgranano gli occhi e mi chiedono se quando ero giovane io i risultati a scuola erano più importanti dell'essere felici.
La questione prende una piega pericolosa. Inizio seriamente a pensare che il frigorifero per cena potrebbe essere un'opzione interessante.
A risolvere la questione ci pensa Viola. Ci racconta che un tema che stanno discutendo a scuola è l'identità di una persona. Ci spiega che a definire l'identità di una persona contribuiscono le proprie origini, ma oggigiorno descrivere questa cosa è sempre più complesso, per esempio lei ha compagni di classe il cui padre è arabo, la madre messicana e che sono nati in Portogallo. Questo definisce una nuova identità non riconducibile a cose note, classiche.
Dopo qualche istante Giovanni fa la sua domanda. Giovanni è il piccolo membro della tribù famoso per fare domande interessanti. Giovanni si rivolge a me e Chiara e ci chiede se noi veniamo dallo stesso "villaggio". Ora, al di là delle intenzioni, la domanda è pertinente. In un mondo globale, dove la mistura tra continenti sta diventando la regola, pretendere di stare seduti intorno ad un tavolo per cena può risultare molto tribale, antico, una tradizione da villaggio.
Spiazzato, confuso ed umiliato, con la mascella aperta mi giro verso Chiara ed azzardo sottovoce un "ma io intendevo semplicemente sapere se sanno quanto fa 3 x 3?". Lei mi guarda e con maggiore compostezza, ma lo stesso mio smarrimento, risponde "9". I giovani membri della tribù ci guardano e ci chiedono se adesso, "con una buona minestra nella pancia", possono alzarsi da tavola per andare a fare le cose costruttive.