Siamo in treno, stiamo andando a Berlino.
La carrozza si muove lenta per uscire da Warszawa Centralna, attraverseremo sconfinate praterie e boschi meravigliosi, ma soprattutto faremo un viaggio che circa 30 anni fa sarebbe stato impensabile.
Giovanni è seduto al mio fianco e mi fa la domanda che aspettavo. Giovanni mi chiede "Ma papà perché andiamo a vedere un muro?". Come dargli torto, lui aveva un torneo di calcio in questo ponte dei morti ed io l'ho costretto a prendere un treno.
Gli dico che questo muro racconta tanto della generazione dei suoi nonni, dei suoi genitori, e della sua.
È la storia dell'Europa e della separazione del mondo tra est ed ovest, e il 13 agosto 1961 è la data in cui agli occhi di tutti questa separazione diventa evidente, è la data dell'edificazione del muro.
Gli racconto della dissoluzione dell'impero sovietico e del tentativo di Gorbachev di riformarlo e renderlo più trasparente, e dei patetici tentativi di Honecker di celebrare quello che ormai non esisteva più. Gli parlo degli eventi che portarono il 9 novembre del 1989 alla demolizione del muro e conseguentemente dell'ordine mondiale che rappresentava. Quello nel quale i loro nonni sono cresciuti.
Dal1989 ad oggi si è lavorato al progetto di superare la divisione tra est e ovest, di unire l'Europa. I tratti europei di Maastricht, Lisbona e Nizza sono tappe importanti di questo processo. Questo è il periodo nel quale, noi, i loro genitori, siamo cresciuti.
Alla fine Giacomo mi chiede come questa storia andrà a finire.
La domanda mi trova impreparato, liquido la questione con un "nessuno lo sa, è molto difficile predirlo, aspetta a voi scrivere questo capitolo di storia". Ma la domanda mi brucia dentro.
Siamo a Bernauer Straße a vedere ciò che rimane del muro, leggiamo le testimonianze delle persone che hanno tentato di attraversarlo, e hanno perso la vita. A me sembra che certe situazioni si stiano ripetendo, e che come cercheremo di risolverle racconterà molto di quello che siamo, saremo.
Il 3 ottobre 2013 si è consumato sotto gli occhi distratti degli europei la strage di Lampedusa. Alle frontiere dell'Europa suonano la porta migliaia d'immigrati che ci chiedono d'aiutarli ad attraversare un altro muro, quello che divide il mondo tra nord-ovest e sud-est. Questi eventi stanno mettendo le democrazie occidentali a nudo, una economia gestita dalla finanza senza lavoro, una politica senza doveri, solo diritti.
Da anni è iniziato un processo che non sappiano dove ci porterà ma sicuramente definirà un nuovo ordine con il quale l'Europa si presenterà al mondo. A seconda di come risponderemo a questa richiesta d'aiuto l'Europa dei nostri figli prenderà forma. Se a prevalere ci saranno le spinte nazionalistiche, o quelle populiste, oppure quelle di una maggiore integrazione, l'Europa sarà diversa, il mondo con il quale i nostri figli dovranno fare i conti sarà diverso.
Forse siamo così stupidi che dovremo svegliarci un giorno con un altro muro da abbattere ai confini dell'Ungheria, e scoprire gli orrori che questo comporta, solo così ci renderemo conto di quanto siamo incapaci d'imparare dai nostri errori. Ecco forse allora, a 30 anni dalla strage di Lampedusa (perché queste sono i tempi della storia nell'epoca contemporanea), ci sarà modo di fare un'ulteriore passo in avanti. Fino ad allora ci costringeremo a convivere con una politica arrogante ed ipocrita dei nazionalisti, oppure polemica e pasticciona dei populisti, oppure inconcludente degli integratori.
Stiamo prendendo il tram per andare a vedere la Est Side Gallery, a conclure ci pensa Viola, che dall'alto del cinismo tipico dell'adolescenza dice: "it's another brick in the wall" ... pausa ... "because everything is about wall".
A questa storia di muri non riesco a rassegnarmi, così mi vengono in mente le parole che John Fitzgerald Kennedy pronunciò nel 1963 mentre era in visita ufficiale a Berlino in uno dei suoi più celebri discorsi, passato alla storia come "Ich bin ein Berliner" (io sono un Berlinese). C'è un passaggio di questo discorso che mi sembra valga la pena di ricordare " ... La libertà ha molte difficoltà e la
democrazia non è perfetta. Ma non
abbiamo mai costruito un muro per
tenere dentro i nostri -- per impedir loro
di lasciarci ..." A 50 anni di distanza l'eco di queste parole risuona ancora nell'aria, ma forse dovremmo aggiungere che non possiamo costruire un muro per limitare l'accoglienza, perché l'accoglienza è un dovere di ogni uomo che vuol vivere in una democrazia libera. Facciamo in modo che questo muro non si trasformi in un urlo.