venerdì 16 giugno 2006


Premetto che in questi ultimi tempi sto attraversando un periodo, ormai troppo lungo, in cui nutro un profondo senso di rabbia, per quella continua e progressiva disattenzione nei confronti del senso di giustizia che ho maturato negli ultimi anni. Tutto è relativo, e mi sforzo nel capire le ragioni degli altri, nella speranza che il mio sia un parziale e forse errato punto di vista. Poi penso alle attività di volontariato che svolgo, oppure passo delle giornate con persone che ho conosciuto in condizioni di "bisogno" e che ora sono diventate amiche, quel senso di rabbia mi va alla testa.  In questi anni il numero delle persone in difficoltà è aumentato considerevolmente, senza trovare, non dico adeguate, ma più semplicemente dei tentativi di risposta.

Alcune persone che mi sono intorno si sforzano di farmi notare segnali positivi. Mi sforzo di cercarli ma non riesco a vederli. Rimango sospeso fra la sete di giustizia ed un senso d’impotenza. Ho sempre pensato che la politica, nella sua forma più nobile, dovesse coniugare i sogni con l’azione; mai come in questo momento temo che di persone in grado di sognare ce ne siano purtroppo poche.
Mi fanno notare che la campagna elettorale in corso potrebbe portare alcune forze politiche ad incontrare le persone e i reali bisogni della città. Bene, staremo a vedere! L'ascolto in politica, senza la possibilità o la volontà di incidere realmente, è cosa pregevole, ma lo trovo di scarso interesse. Sono stupito dalle forze di centro sinistra che in questi mesi non mancano di ricordarci che "la speranza è quella di vincere ma è bene non illudersi", non è sano realismo, ma un pessimismo che nega la speranza (anche perché, è necessario fare programmi in cui ci si crede per poter vincere). Occorre mettere energie, positività e non tatticismo e strategie da quattro soldi. Sono allibito dai partiti di centro destra, che non mancano di ricordarci che il vero motore è l’economia, come se dare vigore all’economia significa risolvere tutti i problemi. E’ triste vedere relegato il profilo del politico a quello di ragioniere. Mi chiedo se entrambi gli schieramenti hanno veramente presente i problemi che vorrebbero risolvere. Problemi che non esistono se non si riesce a dare per ognuno di essi un nome di persona.
Sarebbe bello che qualcuno, sappia mettere a fuoco un progetto politico che sia vincente, perché alla radice c’è un’attenzione all’uomo e a ciò che lo circonda. Di questi tempi succede che al massimo esistono progetti politici il cui fine è la gestione del potere, quindi che garantiscano la sopravvivenza o l’invincibilità di un’aggregazione di partiti.
Sconsolato, mi ricordo che esistono molti modi di fare politica e non c’è solo quella partitica. Alcuni modi sono più incisivi, capaci di vere trasformazioni positive, perché durature, di reali rivoluzioni. Mi riferisco, per esempio, al lavoro che in questi anni è stato svolto dal Coordinamento Comasco per la Pace, non solo durante il convegno ma soprattutto in occasione dei corsi del Centro di Civiltà (nonviolenza, ecologia domestica, legalità, ecc...), di Oltrelosguardo film, alle feste stagionali (asiatica, africana, europea, americana, ecc.. ) luoghi nei quali permettere alle persone di costruirsi degli strumenti per elaborare una propria coscienza critica. Sono persuaso che occorre abbandonare la concezione secondo cui il processo politico è inteso come mobilitazione invece che educazione, come espressione di leader carismatici invece che di cittadini attivi, fino ad allora la politica, lungi dall’essere nuova, sarà la vecchia statualità autoritaria infiorata di mera retorica.